Di Maio vuole Conte premier, l’intesa col Pd resta in bilico
Di Maio invoca Conte premier: «È l’unico nome in campo». Nicola Zingaretti ribadisce il no e risponde che il Pd non è disposto ad andare al governo con il M5s per tappare i posti lasciati vuoti dalla Lega: «L’Italia non capirebbe un rimpastone del governo caduto». I partiti hanno ancora un giorno per dare un’indicazione a Mattarella. Ma, come ammette il segretario Pd dopo aver sentito al telefono il capo M5s, «una soluzione ancora non c’è».
Non è ancora ufficialmente spento neanche il «forno» M5s con la Lega. Tanto che circolano romours su un possibile incontro tra i vertici dei due partiti. L’ipotesi di ritorno al voto esiste. Ma è forte il pressing di Dem e pentastellati sui loro leader per l’intesa: se i M5S non cederanno a un nome terzo, l’idea di un «Conte 2» (magari senza Di Maio) ha molti sponsor tra i Dem.
Dal Quirinale non trapela nulla di più di quanto detto dal capo dello Stato al termine delle consultazioni. Nulla è cambiato: non si fanno sconti né dilazioni. Stasera si attende di sapere dalle forze politiche qual è il risultato del loro confronto: su queste indicazioni verrà disegnato il calendario delle consultazioni. Che potrà quindi essere più o meno rapido. Mattarella attende ancora di sapere se c’è una maggioranza in Parlamento in grado di formare un nuovo governo. Il M5s stringerà un nuovo patto con il Pd o farà un - ad ora del tutto inatteso - ritorno alla Lega? Questa la prima risposta da dare. Chiusa ogni altra possibilità, il presidente della Repubblica traccerà la via verso il voto a novembre.
Salvini, dopo aver lanciato i suoi ami a Di Maio, tace, nella speranza di tornare in partita se salterà il tavolo M5S-Pd. Ma è a quel tavolo che ora si tratta. A partire dal nome del premier. Fico, nome sui quali i Dem avevano fatto trapelare il loro gradimento, si tira fuori in nome dell’unità del M5S e fa sapere di voler «responsabilmente dare continuità al suo ruolo» di presidente della Camera.
Dopo una giornata di silenzio, Di Maio sente al telefono Zingaretti, gli ribadisce che la linea del Movimento, da Beppe Grillo in giù, è di «lealtà» a Conte: deve essere lui il premier giallorosso. Il segretario Pd dice che accettare il garante del contratto gialloverde non può. Zingaretti esprime «malessere» per gli ultimatum dei pentastellati. Di Maio lamenta il veto Democrat. Si salutano senza aver trovato una soluzione. Ma se ne cerca una: il dialogo è aperto, fanno sapere dal Nazareno. La soluzione cui Zingaretti e larga parte del Pd aspirerebbe come la meno dolorosa sarebbe quella di un premier terzo, anche se di indicazione grillina.
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