Da Renzi un no all'incarico a Conte: perché la crisi si allunga
Matteo Renzi dice no all'ipotesi di un incarico immediato a Giuseppe Conte per formare un nuovo governo subito. Prima, dice al capo dello Stato, bisogna chiarire se Pd e M5s vogliono ancora Italia viva in maggioranza. Si allontana così la soluzione della crisi.
Il leader di Iv non pone un veto sul nome di Conte ma il suo auspicio è che si affidi un mandato esplorativo a una personalità terza per verificare se ci siano le condizioni di rimettere insieme la maggioranza, poi tutte le strade saranno aperte. È lui, dice Nicola Zingaretti al Quirinale, l'unico «punto di sintesi» possibile. Ma Renzi, dopo aver avuto un colloquio telefonico con il premier dimissionario, non esclude altre soluzioni. «Fare presto, fare bene, fare lietamente»: cita Paolo VI il leader di Italia Viva e assicura di essere pronto a un governo politico e in subordine anche istituzionale ma vuole sapere se i veti sul suo partito siano caduti.
Non esiste un'altra maggioranza possibile secondo il leader di Italia Viva e i fatti lo dimostrerebbero. Per questo, nonostante la «guerra del fango» degli ultimi 15 giorni, la soluzione alla crisi passa per il confronto con Iv, dice: Pd e M5S «devono capire se vogliono stare o no con noi». E un eventuale mandato esplorativo a una figura istituzionale potrebbe servire proprio a prendere ancora tempo e a riaprire il dialogo.
Dopo Italia Viva, tocca al Partito Democratico andare a colloquio con Mattarella: la scena cambia, i volti sono tesi, le parole misurate e stringate. Nicola Zingaretti ribadisce il sostegno dei Dem al premier dimissionario. Una «soluzione rapida», è quanto vuole il Nazareno per uscire dal «momento buio», che pure il Pd «ha cercato di contrastare» in ogni modo.
Pochi minuti di dichiarazione e poi la delegazione Dem scivola via dal salone del Quirinale senza rispondere alle domande dei cronisti. Devono ancora salire al Colle il Movimento cinquestelle e il centrodestra ma l'attesa ora è tutta per le scelte di Sergio Mattarella, che potrebbe decidere di affidare l'incarico esplorativo ad una personalità terza, istituzionale.
Intanto, la caccia ai responsabili - contro cui Renzi torna a scagliarsi pubblicamente - segna una battuta d'arresto. Dura meno di 12 ore la scelta del senatore di FI Luigi Vitali di passare con il gruppo degli Europeisti. L'ex sottosegretario alla Giustizia dei governi Berlusconi racconta di aver maturato la scelta del passo avanti dopo un incontro con il premier; fatto l'annuncio però sono arrivate le telefonate del Cavaliere e di Salvini e lui ci ha ripensato, dopo che - come spiegano fonti di Governo - aveva chiesto un colloquio con il premier, a Palazzo Chigi. Vitali ha ricevuto assicurazioni sul fatto che neanche il centrodestra vuole il voto e tanto gli è bastato - racconta - per tornare all'ovile. I volenterosi dunque ad ora non crescono: al Senato sono fermi a quota dieci, contando anche sulla senatrice Dem prestata al gruppo in extremis.
Gli Europeisti fanno però intanto il loro esordio al Quirinale: poco prima di mezzogiorno sono attesi dal presidente della Repubblica e lì affermano ciò che appare scontato, vale a dire il loro sostegno al Conte ter. Lo stesso fanno le Autonomie e il Centro democratico di Bruno Tabacci di stanza alla Camera. Nessuna sorpresa anche da Liberi e Uguali, che vorrebbe proseguire nel solco tracciato nel 2018 in asse con Pd e M5S. Diversa la linea di Emma Bonino, che con Azione e +Europa, agognerebbe un governo Ursula. Quindi una maggioranza composta da partiti conservatori e progressisti, come quella che ha permesso la conferma della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.
Ma Lega, Fdi e FI, che a parole professano unità, nei fatti ondeggiano: se Forza Italia e anche Cambiamo! di Giovanni Toti resta aperturista nei confronti di un governo di unità nazionale, Matteo Salvini nelle ultime ore vede come unica alternativa al voto «un governo di centrodestra».
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