Italia e Estero

Da flexare ad «am: lo slang della Generazione Z inaccessibile ai boomers

Anna Belometti
Le parole chiave dei nati nel Ventunesimo secolo sono tante, influenzate dai social e inaccessibili ai «matusa»
I nativi digitali sono sempre più connessi e parlano un linguaggio tutto loro.
I nativi digitali sono sempre più connessi e parlano un linguaggio tutto loro.
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«Ok, boomer», «Flexami 'sta biretta!», «Sei la mia Crush», «Am. Di che cosa si tratta? A leggere queste parole a voce alta pare un’altra lingua, invece, altro non è se non lo slang della Generazione Z. Anche abbrevviata in Gen Z, vi appartengono i ragazzi nati tra il 1995 ed il 2010, i cosiddetti «nativi digitali», cresciuti a internet, social network e smartphone, oltre che a musica rap e trap. 

I centennians sono i figli dei baby boomers (1946 e il 1964) e della generazione X (1965-1980), a cavallo tra i millennials (nati tra i primi anni '80 e la fine degli anni '90) e gli alpha (2010-2020) e si mobilitano per nobili cause sociali, sono estremamente sensibili all'ambiente, vivono online molte ore al giorno e parlano una lingua tutta loro. 

Non solo parole

Il linguaggio usato dalla Homeland Generation (altro nome della Gen Z che evidenzia come i giovanissimi trovino più confortevole trascorrere il tempo in casa immersi in piattaforme digitali contenendo le interazioni reali) è fortemente influenzato dalla globalizzazione, dall’utilizzo di smartphone e social media, spesso si diffonde tramite la creazione di meme ed è caratterizzato da modi di dire e suoni anglofoni. Tutto ciò non fa altro che aumentare il gap generazionale con gli adulti, i quali faticano a stare al passo con i significati, sempre più incomprensibili.

Ma è sempre stato così, oppure qualcosa è cambiato con l'avvento di internet? «Le culture giovanili storicamente hanno un loro linguaggio che serve per marcare l’uscita dalla fase dell’infanzia e distinguersi dal mondo degli adulti. Parole come triggerarecringe o acronimi come bufu (se non sapete di che si tratta non spaventatevi: più sotto trovate tutte le definizioni...) diventano dei modi per non farsi capire e segnare l’inclusione in un gruppo di giovani e l’esclusione da chi è troppo grande per comprendere questi linguaggi - spiega Elisabetta Locatelli, docente di Media e Reti Sociali e di Digital Media presso l'Università Cattolica di Milano -. Quello che è cambiato negli ultimi anni è che tante di queste modalità d'espressione si diffondono anche attraverso i media digitali che vanno a consolidare o importare modi di dire anche dall’estero».

Pane e social

Ed aggiunge: «La Generazione Z è la prima generazione cresciuta passo passo con i social media e li usa in maniera più intensiva, incorporando modi e stili in maniera più forte. Questi giovani vanno accompagnati nella fase di utilizzo e di contesto dei vari strumenti». E per chi si chiede se questo nuovo linguaggio avrà il potere di influenzare e cambiare la lingua italiana, la docente risponde: «Grazie ai social, alcuni di questi termini non si fermano nelle strutture giovanili ma sconfinano facendo sì che anche gli adulti possano conoscerli (seppure, spesso, senza comprenderli). In alcuni casi sono fenomeni transitori, che passano una volta che si entra in età adulta. Dal punto di vista sociologico sono fenomeni che si ripetono, ma non credo che andranno a sconvolgere completamente il modo di parlare, anche se alcuni termini alle volte si consolidano nella lingua italiana».

Parla come posti

Comprendere un nuovo codice non è impresa semplice, soprattutto per le generazioni meno avvezze ad internet, per questo alcuni hanno provato a creare un vocabolario per cercare di colmare il gap, come, ad esempio, la piattaforma Babbel e il suo dizionario di sopravvivenza per aiutare i boomer, oppure l'Accademia della Crusca che ha inserito alcune parole nella lista di quelle nuove (così come l'enciclopedia Treccani).

Il vocabolario

Ecco di seguito alcuni dei più diffusi modi di dire in uso nella Gen Z.

Amïœ: altro non è che la abbreviazione (amo) della parola amore pronunciata in cörsivœ parlato, il nuovissimo trend che impazza tra gli Z, diffusosi in maniera virale grazie a Tiktok (l'hashtag #cörsivœ ha raggiunto i 43 milioni di visualizzazioni) e alla creator Elisa Esposito. Consiste nell'imitare in modo molto esasperato il classico accento milanese, trascinando tutte le vocali ed allungando le ultime sillabe, in modo da ricreare un suono inusuale ed acuto, che cambia la tonalità delle sillabe, accentuando lo stacco fra una e un’altra.

@eli.esposito

duettate alunni🤓🤓🤓ig: eli.espositoo

♬ suono originale - Elisa Esposito

Blastare: dal verbo inglese to blast (far esplodere, far saltare in aria, distruggere) è un'espressione usata sul web, presa in prestito dal mondo anglosassose e da quello dei videogiochi, che significa sostanzialmente sconfiggere, annientare e zittire sui social network chi ha detto una sciocchezza. Quando qualcuno blasta, vuol dire che ha avuto la meglio in una discussione online, deridendo pubblicamente e con violenza l'interlocutore, riuscendo a metterlo a tacere.

Bufu: è l'acronimo dell'espressione angloamericana by us fuck u (you), diffuso nel 2017 in Italia dal gruppo romano di musica trap Dark Polo Gang in risposta ad alcuni haters della band. È un aggettivo usato nei testi di musica rap per insultare qualcuno con ironia ed in modo simpatico, che significa «per quanto ci riguarda, puoi andare a quel paese».

Chad: è un termine gergale di origine anglosassone, usato per riferirsi al maschio alfa sessualmente attraente, biondo, di età compresa tra 20 e 30 anni e molto popolare tra le donne. Il figo che ci sa fare ed è popolare. Si declina in una versione più esaltata, il gigachad, usato per indicare un uomo estremamente muscoloso, con un fisico scolpito ed una mascella squadrata.

Cringe: in inglese to cringe significa farsi piccolo, strisciare, imbarazzarsi ed è usato dalla Gen Z per descrivere situazioni e scene estremamente imbarazzanti di fronte a cui si prova vergogna e disagio.

Crush: anche se il verbo to crush si traduce con schiacciare, per gli Z ha tutt'altro significato, molto più romantico. Ho una crush per... significa ho una cotta per  ed indica una persona reale o immaginaria verso cui si prova un sentimento d'amore.

Flexare: è una parola ibrida, che deriva dal verbo inglese to flex con l'aggiunta di -are. Si riferisce all'espressione flex one's muscles (flettere i propri muscoli) e significa sfoggiare, esibire, ostentare o vantarsi per qualcosa. Usato molto nella musica trap e rap si riferisce al mostrare macchine e oggetti costosi.

Normie: è una persona conformista, che segue la massa, la moda ed i trend del momento. È la storpiatura di normal e significa appunto normale.

Ok, boomer: è la risposta sprezzante ed ironica che la Gen Z da quando riceve un rimprovero o una paternale da parte di un boomer, ossia chi è nato tra gli anni '50 e '60, nel periodo del boom demografico (il cosiddetto baby boom) al temine della Seconda guerra mondiale. I boomer sono poco avvezzi all'utilizzo di internet e dei social media. L'espressione viene usata anche per replicare a chi è un po' bigotto o all'antica. 

Ship: è l'abbreviazione del verbo inglese relationship, italianizzato ed abbreviato in shippare, si traduce col vedere bene due persone insieme. Lo si può utilizzare per riferirsi sia a personaggi famosi sia a conoscenti o amici. Se qualcuno shippa qualcun altro significa che esprime il desiderio che i due si mettano assieme. Ad esempio: «Shippo Mario e Anna» equivale a dire «vedrei bene come coppia Mario e Anna».

Triggerare: deriva da to trigger col significato di innescare, in italiano è utilizzato per indicare ciò che infatidisce. Viene spesso utilizzato anche nei meme. Triggerare qualcuno vuol dire farlo arrabbiare di proposito.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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