Covid, le Regioni spingono sul Green Pass rafforzato
Rivedere le regole a partire da quelle sul green pass, con misure più severe per i non vaccinati, e spingere sulla terza dose il più rapidamente possibile: le Regioni insistono sulla necessità di un cambio di passo nella lotta al Covid e chiedono una «riflessione urgentissima» con il governo alla luce dell'aumento dei casi, per salvare il Natale ed evitare le restrizioni e chiusure previste per le zone gialle o arancioni.
Una richiesta che il governo si dice disponibile ad accogliere «a breve», forse già lunedì, anche se la linea di palazzo Chigi al momento non cambia: le uniche misure sul tavolo sono l'estensione dell'obbligo della terza dose al personale sanitario e la riduzione della durata del Green Pass, provvedimenti che il Consiglio dei ministri dovrebbe discutere nella riunione di giovedì prossimo. «Il lockdown per i no vax non è oggetto di decisione» conferma il titolare della Farnesina Luigi Di Maio.
Cosa si è detto alla Conferenza delle regioni
Dalla Conferenza delle regioni non arriva una proposta concreta ma la linea è quella del doppio binario per il pass già emersa nei giorni scorsi: un super green pass solo per i vaccinati e i guariti, per poter andare in ristoranti, cinema, teatri, musei, stadi o a sciare nelle regioni che cambieranno colore e uno, ottenibile anche con il tampone, per lavorare e per i servizi essenziali. Una linea in realtà non condivisa all'unanimità, come confermano le parole del presidente delle Marche Francesco Acquaroli - «ulteriori restrizioni non sono utili, creerebbero altre tensioni e divisioni tra chi è vaccinato e chi non lo è» - e la cui fattibilità è tutta da verificare. Lo ha ricordato il presidente emerito della Consulta Cesare Mirabelli: «Mi pare un rimedio difficilmente praticabile e, dal punto di vista normativo, molto rischioso. Se la situazione è così vincolante, questo giustificherebbe l'imposizione di un obbligo di vaccinazione non una sorta di lazzaretto domestico».
L'obiettivo è evitare la zona arancione a Natale
Il punto di vista dei presidenti è però un altro. Le Regioni, dice il presidente della Conferenza Massimiliano Fedriga «sono preoccupate» per il peggioramento della curva e per «la ricaduta che tale situazione potrebbe avere sulla ripresa economica e sulle attività sociali, a poche settimane dalle festività natalizie». L'incubo, in sostanza, è veder scattare la zona arancione a ridosso del Natale, con chiusure e restrizioni insostenibili dal punto di vista economico e sociale. Ed è per questo che i governatori stanno comunque già correndo ai ripari, con misure locali come quella disposta dal presidente della Sicilia Nello Musumeci: tampone a chiunque arrivi da Gran Bretagna e Germania e obbligo di mascherina anche all'aperto nei luoghi particolarmente affollati. «Si deve evitare in tutti i modi qualsiasi tipo di chiusura, sarebbe devastante per il nostro paese» conferma Attilio Fontana.
Non solo: da giorni le regioni denunciano le sofferenze dei sistemi sanitari, in termini di arretrati da smaltire e soprattutto di liquidità, con l'emergenza Covid che nel 2021 è già costata 2 miliardi in più di quanto stanziato dal governo.
La posizione del governo, per ora
Alle Regioni risponde il ministro per gli Affari Regionali Mariastella Gelmini, dopo averne parlato con il premier Mario Draghi e il ministro della Salute Roberto Speranza. «Il governo è ovviamente disponibile a mettere in agenda a breve un tavolo di confronto». L'incontro potrebbe esserci già lunedì ma intanto fonti dell'esecutivo ribadiscono che al di là dell'obbligo della terza dose per i sanitari e la riduzione della durata del pass - da 12 a 9 mesi, anche se qualcuno vorrebbe ridurla a 6 - non ci saranno nell'immediato altri interventi, nonostante anche la Germania stia andando verso restrizioni più severe per i no vax.
I numeri dei contagi non sono come quelli di un anno fa
I motivi sono sempre gli stessi: bisogna guardare i numeri. E i dati italiani dicono che nessuna regione dovrebbe passare nelle prossime ore in giallo e che un un anno fa c'erano 34.282 casi e 753 morti mentre oggi sono 10.638 i casi e 69 le vittime. Non solo, sempre un anno fa erano 3.670 le terapie intensive e 33.504 i ricoveri nei reparti ordinari, numeri neanche lontanamente paragonabili a quelli di oggi, con 503 pazienti in rianimazione e 4.088 nelle aree mediche. Senza dimenticare che ad oggi ci sono circa 8.400 posti di terapia intensiva che, grazie ai ventilatori polmonari acquistati lo scorso anno, possono salire fino a 13mila. Ecco perché al momento non è stato chiesto alcun parere al Cts, che questa settimana neanche si riunirà, ed ecco perché altri interventi non sono per ora sul tavolo.
Questo non significa però che anche dalle parti di palazzo Chigi non si sia acceso un campanello d'allarme e sono gli stessi esponenti del governo a sottolinearlo - chiedendo «misure più rigorose» e «restrizioni per i non vaccinati» - dal ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini alla ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti fino al sottosegretario alla Salute Andrea Costa. Un'ipotesi per il futuro, lo chiedono i deputati del Pd, potrebbe essere quella di una stretta sugli ingressi dall'estero, soprattutto dai paesi dove i contagi sono schizzati ma per ora la questione non è sul tavolo. Si vedrà. E saranno sempre i numeri a dare la linea.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato