Coronavirus, inchiesta sull'ospedale di Alzano: «Iniziò tutto lì»
La Procura di Bergamo si muove e apre una indagine sull'ospedale di Alzano Lombardo per far luce su eventuali responsabilità e presunte anomalie nella gestione dei pazienti dopo la scoperta dei primi casi positivi al coronavirus. Mentre in Lombardia, pur con 238 persone morte in un giorno, cala ancora in numero dei ricoverati, cominciano a moltiplicarsi i fascicoli di indagine. Fascicoli sulle morti nelle Rsa, come gli 11 avviati dalla magistratura milanese tra i quali il caso che fa più rumore sul Pio Albergo Trivulzio o quello aperto oggi in Piemonte sulla casa di riposo di Vercelli in cui in tre settimane si sono registrati 35 decessi. E poi ancora l'inchiesta di Lodi sulla gestione dei medici di Codogno di Paziente 1, il 34enne che ora sta bene e ieri è diventato papà, e quella che ha preso abbrivio in queste ore sull'ospedale della Val Seriana.
Il procuratore facente funzione Cristina Rota, che ha creato un pool Covid dedicato solamente dei casi legati all'epidemia, ha infatti delegato i carabinieri del Nas di Brescia che hanno acquisito documentazione nel presidio sanitario del paese della Bergamasca, per capire se siano state adottate o meno le misure adeguate per evitare la propagazione del virus in una delle zone che è stata tra le più martoriate d'Italia. L'indagine per epidemia colposa, al momento a carico di ignoti, «è estremamente delicata - dice il Procuratore Rota - e va condotta con il massimo della serenità e riservatezza e nel rispetto da un lato delle vittime e dei loro familiari e dall'altro degli operatori sanitari, medici e paramedici, che in questo momento stanno dando il massimo e che contano tra le loro fila operatori che hanno perso la vita».
Nel mirino di inquirenti e investigatori, che si sono fatti consegnare le cartelle cliniche di alcune persone, ci sono sia la gestione dei primi malati risultati positivi al Covid-19 che sarebbero stati ricoverati, questo il sospetto, senza essere stati isolati dagli altri degenti, sia la decisione il 23 febbraio di chiudere e riaprire dopo alcune ore il pronto soccorso dove si erano registrati due casi, quello di un paziente e quello di un infermiere. Episodio questo su cui è intervenuto l'assessore al Welfare Giulio Gallera per il quale «è falsa la ricostruzione secondo cui dopo il primo contagiato non è stato sanificato prima della riapertura» avvenuta «in condivisone con la Regione, come avevamo fatto per Codogno. Contestualmente - ha aggiunto l'assessore - vengono fatti i tamponi a tutto il personale e ai malati che avevano polmoniti interstiziali. Vengono subito mappati i contagi».
Gallera è ritornato anche a parlare delle Rsa: «sono strutture private, gestite da privati» e quindi sono loro che «devono organizzarle e hanno la responsabilità» mentre alla Regione, che ha aperto una commissione di indagine, spetta «un compito di sorveglianza che abbiamo eseguito». Ma sulle inchieste ha fatto sentire la sua voce anche Massimo Galli, direttore dell'Istituto di Scienze Biomediche del Sacco. «Che i medici di Alzano o di Codogno finiscano per fare i capri espiatori di questa vicenda lo trovo veramente indegno e inaccettabile», ha detto.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato