Italia e Estero

Che cos'è il tallio, il «veleno dell'avvelenatore»

Al pari dell’arsenico, la polvere di questo metallo è inodore, insapore e incolore e una volta ingerita o inalata uccide senza destare sospetti
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Il tallio (TI) è un metallo simile allo stagno, malleabile e ricavato commercialmente come sottoprodotto della lavorazione di metalli pesanti. Viene utilizzato nell’industria elettronica, nella medicina nucleare, nella composizione di fuochi d’artificio, nella produzione di vetro e in piccole quantità come radio rintracciante.

Ma il tallio in particolare il solfato di tallio, è passato alla storia come veleno dell’avvelenatore: viene infatti usato come topicida e insetticida, ma in particolare è ricordato per il suo impiego in casi di avvelenamenti mortali.  Al pari dell’arsenico, la polvere di questo metallo è inodore, insapore e incolore e una volta ingerita o inalata uccide senza destare sospetti.

Inizialmente l’avvelenato accusa forti dolori addominali, vomito, convulsioni e ipersalivazione; una continua somministrazione invece porta al coma o alla morte in due-tre settimane per grave danno epatico. Nella maggior parte dei casi l’avvelenamento da tallio è fatale in quanto il corpo non riesce ad espellere la sostanza poiché viene riassorbita dall’intestino ed è difficile riconoscerne i sintomi ed allarmarsi. Nel caso contrario ci si deve tempestivamente sottoporre ad una decontaminazione gastrointestinale con lassativi, diuretici e lavanda gastrica. La dose letale di tallio è di circa un grammo.

Tracce di tallio sono state trovate anche negli escrementi di piccione e si ipotizza che qualche caso di avvelenamento possa essere causato da una prolungata esposizione al guano del volatile.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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