Centri per l’impiego, «in arrivo più risorse e nuovo personale»
Recuperare «in pochi mesi il ritardo di mezzo secolo». Aumentando le risorse per i Centri per l’impiego, rafforzando il personale, sia nei numeri, sia nella formazione, e innovando le infrastrutture su cui vengono gestiti i dati delle persone in cerca di lavoro. L’impegno assunto è piuttosto ambizioso, ma a questo punto il Governo non può che puntare in alto, molto in alto. Perché dopo avere confermato nella manovra l’introduzione del reddito di cittadinanza nei primi mesi del 2019, il lavoro per riformare i Cpi ha tempi stretti e obiettivi ampi.
Ieri c’è stato un incontro con gli assessori al Lavoro delle Regioni, da cui il ministro Di Maio e il sottosegretario Cominardi sono usciti annunciando l’apertura del cantiere «di una riforma strategica per l'occupazione e le politiche attive del Paese». Nei prossimi mesi, dunque, «i centri per l'impiego torneranno ad avere un ruolo centrale per i cittadini e per le imprese, come del resto avviene nei Paesi europei più avanzati».
All’interno del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono state individuate le priorità per avviare una riforma che «ridarà centralità» ai Cpi «anche in partnership con i soggetti privati». Un’apertura che segue dunque il modello già avviato da Regione Lombardia, ad esempio, dove parte dei servizi garantiti dagli uffici a chi cerca lavoro vengono offerti anche da enti accreditati, ampliando dunque la rete del territorio. C’è però il rischio che si vada verso una privatizzazione del servizio, come temono i sindacati. A questo proposito, Di Maio e Cominardi assicurano che «la regia delle politiche attive resterà pubblica».
La prima priorità dello schema di riforma è il rafforzamento dell’organico, con un miliardo di euro stanziato nel 2019 della riforma e altrettanti negli anni successivi. Quante persone servono? Per l'assessore toscano Cristina Grieco, coordinatrice della Commissione Lavoro della Conferenza delle Regioni, l’obiettivo è che le risorse umane «siano almeno raddoppiate rispetto alle ottomila unità che oggi sono impiegate, in modo stabile e partendo dai milleseicento nuovi ingressi previsti già dal piano di rafforzamento approvato dalla Conferenza Unificata il 21 dicembre 2017».
Per il governo, inoltre, i Cpi dovranno avere un nuovo logo, «un layout e una logistica comune» che li renda più accoglienti e riconoscibili, con un «bando per la creatività» per realizzare i nuovi uffici per il pubblico. Oltre all’aspetto, però, conta la sostanza e uno dei problemi dei centri sta nei sistemi operativi con cui vengono gestiti i dati degli utenti. Un impiegato bresciano, per dire, è costretto a usare tre diversi programmi per operazioni simili, software che peraltro non dialogano tra loro: uno fa riferimento al Ministero, uno alla Provincia e un altro alla Regione. In questo ambito l’impegno è a «rafforzare la dotazione strumentale e informatica» completando «la dotazione di un software unico» con «l’effettiva integrazione di tutte le banche dati». Le attività dei Cpi dovranno poi essere monitorate in continuo, per valutare la bontà «delle politiche attive del lavoro (formazione, apprendistato, tirocini ed incentivi)».
La linea politica è tracciata, ora spetta al sottosegretario al Lavoro Claudio Cominardi tradurla in atti concreti, coordinando il lavoro di riforma. Per l’assessore Grieco le preoccupazioni delle Regioni sono tre: «Certezza di risorse strutturali, una tempistica adeguata e realistica e strumenti normativi che rendano possibile il potenziamento». Ai tavoli di lavoro già convocati per le prossime settimane il compito di dissolverle.
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