«Alexey Navalny sta morendo, è una questione di giorni»
«Alexey sta morendo, nelle sue condizioni è una questione di giorni». A lanciare l'allarme è la portavoce dell'oppositore numero uno di Vladimir Putin, Kira Yarmish. Il tono è drammatico, ben oltre la media degli appelli precedenti.
Navalny d'altra parte è alla seconda settimana di sciopero della fame, sempre rinchiuso tra le mura della durissima colonia penale di Pokrov. E il timore è che il suo fisico, già provato dall'avvelenamento, dal quale a questo punto appare chiaro non essersi ripreso del tutto, ora sia allo stremo. A sostenerlo è il suo dottore, Anastasia Vasilyeva, segretario della sigla sindacale Alleanza Medica (che il Cremlino considera troppo schierata sulle posizioni dell'opposizione e dunque non credibile).
Vasilyeva non ha potuto visitarlo - solo i medici della colonia penale lo hanno in cura - ma stando alle analisi che ha potuto consultare la situazione sarebbe gravissima: «Ha livelli critici di potassio nel sangue, i reni stanno entrando in sofferenza, rischia in ogni momento l'arresto cardiaco, deve essere ricoverato in terapia intensiva», la sua diagnosi (condivisa sui social). A parte questo, non si hanno notizie.
Lui, nell'ultima lettera inviata alla moglie, aveva raccontato di un'imminente «alimentazione coatta» minacciata dalle autorità carcerarie, anche attraverso l'uso della camicia di forza, se necessario. Che cosa stia avvenendo davvero tra quelle mura, ora, nessuno lo può dire con certezza.
Una volta applicata la lettera scarlatta (e serviranno diversi gradi di giudizio tra appelli ed esposti), i dirigenti delle organizzazioni potranno andare incontro a dieci anni di carcere; i semplici dipendenti sei; i volontari o i finanziatori (anche con micro-donazioni) otto. Chi verrà condannato finirà sulla lista dei soggetti «estremisti-terroristi» e vedrà i propri conti bancari - e quelli dei suoi parenti - bloccati. Le misure non saranno retroattive ma, chi ha condiviso (ad esempio sui social) loghi-simboli-contenuti delle organizzazioni incriminate rischia il processo, a meno che non cancelli tutto dai propri profili. I media che poi riporteranno le informazioni prodotte e diffuse dagli enti bannati dovranno specificare l'origine «estremista» e rischieranno l'intervento dei tribunali. Insomma, distruggere e spargere il sale.
Il Cremlino sembra aver messo il turbo (tra repressioni a destra e a manca, compresi i giornalisti della testata studentesca Doxa), guarda caso, dopo che il Fondo ha pubblicato un'inchiesta sull'ennesima dacia segreta da sogno di Putin. Non solo. La soglia delle 500mila iscrizioni, necessarie per far scattare la grande manifestazione nazionale preparata dal suo team, sembra ormai a portata di mano. Un caso anche questo?
A sostegno di Navalny è arrivata una lettera aperta a Vladimir Putin - pubblicata dall'Economist - in cui 80 personalità note a livello globale chiedono che gli sia finalmente permesso di essere visitato da un medico di sua fiducia. Ma è molto difficile che Putin se ne curi. Stando al Cremlino, d'altra parte, nella sua recente telefonata il presidente Usa Joe Biden non avrebbe sollevato il caso Navalny. Un silenzio che apre agli scenari più foschi.
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