Afghanistan, proteste represse nel sangue a Jalalabad
In Afghanistan le prime proteste contro il movimento fondamentalista dei talebani sono state represse nel sangue a Jalalabad, mentre da Kabul gli studenti coranici continuano a ripetere di essere al lavoro per formare un nuovo governo sulla carta inclusivo. La violenza dei talebani è esplosa a Jalalabad, un centinaio di chilometri ad est di Kabul. Si tratta di una città simbolo, cuore delle celebrazioni annuali dell’indipendenza dell'Afghanistan dall'impero britannico, nel 1919. Un fiume di persone si è riversato in piazza ieri e ha rimosso una bandiera talebana da una rotonda, sostituendola con quella afghana. I fondamentalisti hanno aperto il fuoco: almeno tre i morti e tredici feriti, ma secondo altri report le vittime sarebbero molte di più.
La protesta delle bandiere è andata in scena anche in altre città come Kunar e Khost. L'intolleranza degli insorti non si è abbattuta solo sulle persone, ma anche sui simboli. La statua di Abdul Ali Mazari, un leader politico che rappresentava la comunità sciita hazara e ucciso negli anni '90 proprio dai miliziani del mullah Omar, è stata decapitata con una granata, secondo le testimonianze di alcuni residenti. Lo scempio è avvenuto a Bamiyan, città in cui i talebani nel 2001 distrussero due magnifiche e gigantesche statue di Buddha scolpite nella roccia.
La preoccupazione degli afghani
In questa situazione migliaia di afghani, preoccupati da un ritorno dell'oscurantismo con l’applicazione rigida della Sharia (la legge islamica), ogni giorno affollano l'aeroporto di Kabul per fuggire dal Paese. Ieri si sono contati almeno 17 feriti nella calca per tentare di salire sul primo aereo disponibile. In città intanto regna una relativa calma, e dal traffico in strada sembra che nulla sia cambiato. Ma è solo apparenza, perché ci sono molte meno donne in giro.
E quelle poche che ancora escono, indossano veli o hijab, il velo coprente. La paura è tanta, soprattutto, tra le più istruite, che negli ultimi anni hanno faticato per ritagliarsi una vita autonoma, anche nel lavoro. I talebani, finora, hanno assicurato che rispetteranno i loro diritti, ma all'interno della Sharia. Cosa questo comporterà, nei fatti, è ancora tutto da verificare.Come sarà il governo dei talebani
La comunità internazionale ne è preoccupata, tanto che Ue, Usa e Gran Bretagna hanno rinnovato l'appello alle nuove autorità perché «garantiscano la loro protezione». I talebani, tuttavia, in questo momento hanno un'altra priorità, cioè chiudere il prima possibile la partita del governo. In questa fase prevale il pragmatismo, dopo la promessa fatta di fronte ai media di tutto il mondo di un esecutivo «inclusivo e islamico». Così un alto comandante del movimento ha incontrato un personaggio simbolo del vecchio establishment, l'ex presidente Hamid Karzai, per tentare di trovare un accordo tra le varie anime del Paese. Ma i fondamentalisti hanno già chiarito che, di fatto, cambierà tutto. «Non ci sarà alcun sistema democratico perché non ha alcuna base nel nostro Paese», ha spiegato alla Reuters un alto esponente dei talebani Waheedullah Hashimi, vicino al cerchio ristretto. «Non discuteremo quale tipo di sistema politico dovremmo applicare in Afghanistan perché è chiaro. È la legge della Sharia e basta». L'ex presidente Ashraf Ghani è tornato a parlare dal suo rifugio negli Emirati Arabi, dov’è scappato portando con sé l’equivalente di 169 milioni di euro dello Stato, evocando un suo ritorno in Afghanistan.
Il vertice G7 dei ministri degli Esteri
Intanto, il Congresso americano ha annunciato di voler indagare sulla ritirata fallimentare delle truppe Usa dall'Afghanistan. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si difende: non c'era modo di farlo «senza che ne seguisse il caos». Oggi si terrà anche un vertice G7 dei ministri degli Esteri, che vedrà presente anche Di Maio collegato dalla Farnesina. Continua intanto il ponte aereo Kabul-Roma: altre 103 persone arriveranno oggi a Fiumicino.
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