Addio al Duca di Edimburgo, le lacrime di Anna e la regina sola
Il pianto della principessa Anna, figlia secondogenita prediletta, le lacrime trattenute dalla regina - descritta come «stoica», ma quasi ripiegata nella sua «solitudine» - e gli occhi lucidi dell'erede al trono Carlo.
Sono le istantanee più commoventi del funerale del principe consorte Filippo, evidenziate in questi minuti dai media britannica scorrendo le immagini della cerimonia trasmessa in diretta da tutte le tv.
Elisabetta II ha voluto soffermarsi davanti al feretro per qualche interminabile secondo a margine del rito nella cappella di St George, come per un ultimo saluto all'uomo che è stato suo marito e suo punto d'appoggio per oltre 73 anni. Dando immagine di stoicismo e forza - anche se c'è chi ha notato il gesto con cui Sua Maestà è parsa asciugarsi una lacrima prima che potesse scorrere sul suo volto - che non cancella tuttavia quella di una donna ormai «sola», alla soglia del 95 anni di età, come hanno commentato diversi Royal Correspondents.
Mentre la 71enne Anna le lacrime non è riuscita proprio a trattenerle, sotto la veletta nera, mentre la bara di suo padre veniva deposta dalla Land Rover verde militare trasformata in carro funebre per essere portata dentro la chiesa. E Carlo, 72 anni, non ha a sua volta nascosto la propria commozione durante gran parte del tragitto in corteo a piedi, in prima fila, dietro il feretro.
Un omaggio sobrio, ma commosso. La Gran Bretagna ha detto oggi addio al principe consorte Filippo, spirato venerdì 9 aprile quasi centenario.
Il funerale, non di Stato, ma solenne - prescritto dalle minuziose volontà dello scomparso e sancito dalle non meno rigorose indicazioni fissate dalla sovrana per garantire che tutti i riflettori del tributo nazionale fossero puntati sul marito - si è svolto secondo le cronometriche cadenze militari che il duca di Edimburgo, veterano della Seconda Guerra Mondiale tra le file della Royal Navy e figura popolare per quanto non aliena a controversie e gaffe politicamente scorrette, amava. Con il Regno che si è fermato per un minuto in silenzio, da Boris Johnson in giù, ma senza fronzoli o clamori (salvo una militante ambientalista esibitasi a distanza in topless, quasi inosservata). E con gli stessi componenti della Royal Family confinati a fare corona. Complici gli obblighi dell'emergenza Covid, che hanno circoscritto l'accesso alla cappella di St George annessa al Castello di Windsor per il rito della sepoltura a una trentina tra familiari e cortigiani strettissimi; e limitato a qualche presenza alla spicciolata i raduni di sudditi e curiosi all'esterno, malgrado il sole della prima giornata davvero primaverile di quest'aprile. Tutto è iniziato con un breve corteo dietro il feretro, coperto dallo stendardo del principe, dal suo berretto e dalla sua sciabola di ufficiale di Marina sul cassone della Land Rover verde militare che lo scomparso - bastian contrario sino alla fine - aveva fatto modificare in forma di stravagante carro funebre in barba a tutte le tradizioni del cerimoniale. Corteo guidato a piedi dall'erede al trono Carlo e dagli altri figli della coppia reale (Anna, Andrea, Edoardo), seguiti da tre dei nipoti William e Harry (figli di Carlo e Diana) e Peter Philips (primogenito di Anna), dal genero Timothy Laurence e da David Linley, figlio della principessa Margaret. Tutti in abiti civili, e con Elisabetta separata nel tragitto a bordo d'una Bentley reale. Un ordine di precedenze concepito per evitare distrazioni, con gli attesissimi principi William e Harry, al primo incontro dopo il traumatico strappo del fratello minore dal casato e del suo trasferimento in America assieme alla moglie Meghan, tenuti separati dal protocollo.
E peraltro ritrovatisi poi all'uscita per una chiacchierata all'apparenza serena allargata a Kate, consorte del primogenito. Comparse, comunque, in una giornata dove a dominare è stato il ricordo della personalità eccentrica di Prince Philip e del suo incrollabile legame con la donna che per tutti era e resta Sua Maestà la regina, ma per lui è stata Lillibet fin da quando s'incontrarono ragazzi.
Inni e orazioni legati alla tradizione marinara cara al duca, come pure all'eco di quella delle Chiese ortodosse greca e russa, in ossequio alle radici del consorte di Elisabetta: nato Filippos a Corfù nella famiglia reale di Grecia, con sangue tedesco, russo e danese nelle vene, e sbarcato come esule e outsider Oltremanica fino a diventare nelle parole del royal correspondent Duncan Larcombe «il richiedente asilo di maggior successo nella storia britannica». Il tutto condito da poche parole di omaggio pubblico affidate ai concelebranti, il rettore di Windsor, David Connor, e l'arcivescovo anglicano di Canterbury, Justin Welby, in assenza d'un vero e proprio elogio funebre, secondo i gusti di un uomo che amava andare per le spicce persino come fedele, sino a minacciare una volta - scherzando fino a un certo punto - di far rinchiudere un vescovo «nella Torre di Londra» se la sua omelia fosse durata «più di 8 minuti». «Siamo qui oggi nella Cappella di St George per affidare alle mani di Dio l'anima del suo servo il Principe Filippo, Duca d'Edimburgo», s'è limitato a dire Connor, esprimendo «la gratitudine» dei presenti per «la sua lunga vita».
Non senza esaltarne «la lealtà infrangibile alla nostra Regina, il suo servizio alla nazione e al Commonwealth, il suo coraggio, la sua fede», ma pure «l'humour» caustico e «l'umanità». Forse ciò che mancherà di più a Elisabetta.
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