Italia e Estero

A Pechino focolaio in un mercato, 11 quartieri in lockdown

Il dato più inquietante? Il virus è stato trovato in 40 campioni prelevati dalle aree degli alimentari
Osservati speciali, ancora una volta, i mercati alimentari - Foto Epa/Roman Pilipey
Osservati speciali, ancora una volta, i mercati alimentari - Foto Epa/Roman Pilipey
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Un nuovo focolaio di coronavirus ha fatto precipitare di nuovo Pechino nell’ansia riportandola nel pieno della battaglia dei mesi scorsi contro il Covid-19: 45 dipendenti su 517 dello Xinfadi, uno dei più grandi mercati all’ingrosso della capitale, sono risultati positivi ai test costringendo le autorità ad imporre il lockdown di 11 complessi residenziali limitrofi (di fatto dei quartieri) e un ciclo di verifiche mediche su almeno 10.000 residenti.

Sono persone asintomatiche che non hanno mostrato i segnali clinici, ha precisato il governo municipale in una nota, ma il dato più inquietante è che il virus è stato rilevato in ben 40 campioni prelevati dalle aree alimentari e di trasformazione del mercato che si trova nel quartiere sudovest di Fengtai, per il quale è stata disposta la chiusura. Gli ultimi sviluppi, emersi nel tardo pomeriggio, hanno completato quelli del mattino sui sei casi di contagio scoperti a Pechino, di cui due relativi a lavoratori di un centro di ricerca alimentare nel distretto di Fengtai e altri quattro di persone che hanno visitato il mercato di Xinfadi, secondo l’agenzia Xinhua. Il picco nei casi domestici, dopo un azzeramento di 55 giorni, ha spinto le autorità sanitarie a tracciare i contatti potenziali degli infetti su larga scala e ad esaminare, dettaglio non secondario, i campioni ambientali.

Secondo la versione online del Beijing News, altri mercati all’ingrosso della città sono stati chiusi a titolo precauzionale, nello sforzo di contenere la temutissima seconda ondata che ha colpito finora città cinesi nelle province di Heilongjiang e Jilin, dove sono state prese misure draconiane bloccando soprattutto i movimenti di persone. Oltre al mercato di Xinfadi, la vice direttrice del Centro per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie di Pechino, Pang Xinghuo, ha spiegato che sono state fatte ispezioni sui grandi supermercati e altri punti vendita di carne e prodotti ittici, raccogliendo un totale di 5.424 campioni tra carne, frutti di mare e ambiente esterno.

«Non possiamo escludere altri casi in futuro», ha ammesso Pang, in considerazione del fatto che il virus è stato ritrovato sui taglieri usati per la lavorazione del salmone, mentre le grandi catene come Carrefour e Wumart hanno rimosso gli articoli incriminati dagli scaffali. La nuova impennata di Covid-19 ha ritardato il riavvio delle lezioni scolastiche previsto per lunedì in tre istituti elementari e in sei scuole materne della zona, mentre i servizi di catering della città hanno rafforzato le misure di controllo della pandemia.

Stop a eventi sportivi e viaggi tra province «a difesa di Pechino», come proclamato a marzo al termine di una riunione del Comitato permanente della Politburo del Partito comunista, presieduto dal presidente Xi Jinping, che ha puntato sulla tutela della capitale «a ogni costo». Il primo caso di contagio era stato giovedì di un uomo di 55 anni ricoverato all’ospedale Ditan: aveva detto di non essere mai uscito dalla città nelle ultime due settimane o di aver avuto contatti con gente proveniente da fuori. Elementi che avevano già fatto alzare l’allerta. Il segretario del partito di Pechino Cai Qi, fedelissimo di Xi, e il sindaco Chen Jinping avevano già disposto la convocazione dei funzionari del distretto di Fengtai per una stretta sulle misure di prevenzione e controllo.

Nel mirino erano finiti i mercati, proprio come l’Huanan di Wuhan, considerato l’epicentro della pandemia che ha infettato oltre 7,6 milioni di persone nel mondo e provocato quasi 450mila decessi. Scarsa igiene. Già oggetto di polemiche internazionali per la scarsa igiene, i wet market sono ritenuti un pericoloso luogo di trasmissione del virus dagli animali selvatici all’uomo. Proprio sabato il livello di allerta a Pechino era stato abbassato al grado tre, il secondo più basso, con l’allentamento di restrizioni e controlli: malgrado i proclami, la «guerra di popolo» sembra essere ancora lunga.

 

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