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A Kabul le donne non sono tornate al lavoro

Il sindaco ad interim ha detto che le dipendenti pubbliche dovranno rimanere a casa finché verrà presa un'altra decisione
Una donna afghana per strada a Kabul - Foto Epa © www.giornaledibrescia.it
Una donna afghana per strada a Kabul - Foto Epa © www.giornaledibrescia.it
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Le dipendenti pubbliche oggi non sono potute andare a lavoro a Kabul, in quella che appare come l'ennesima discriminazione di genere dei talebani. Il nuovo sindaco della capitale dell'Afghanistan ha chiesto alle donne di rimanere a casa.

I talebani «hanno ritenuto necessario impedire alle donne di lavorare per un po’», ha spiegato Hamdullah Nomany. «Per le posizioni che gli uomini possono ricoprire, abbiamo detto alle donne di rimanere a casa fino a quando la situazione non sarà normalizzata. I loro stipendi saranno pagati», ha spiegato. A Kabul un terzo dei 3mila impiegati comunali sono donne.

Namony ha detto che alle dipendenti è stato ordinato di rimanere a casa in attesa di un'ulteriore decisione. Ha spiegato che sono state fatte eccezioni per le donne che non possono essere sostituite dagli uomini, comprese alcune impiegate nei dipartimenti di progettazione e ingegneria e le inservienti dei bagni pubblici per le donne. Il sindaco non ha specificato quante dipendenti donne sono state costrette a rimanere a casa. 

Sempre oggi ci sono state piccole proteste fuori dal ministero degli affari femminili, sostituito dai talebani con un ministero «per il rispetto della virtù», mentre un altro gruppo di donne ha tenuto una conferenza stampa per rivendicare i propri diritti. Ieri hanno riaperto le scuole secondarie, anche in questo caso solo per studenti ed insegnanti maschi.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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