Wuhan riapre, ma la Cina teme una nuova ondata di contagi
Mascherine, guanti, dati personali relativi allo stato di salute da mostrare alle autorità, tracciamento degli spostamenti, misurazione della temperatura, operazioni di disinfezione sui mezzi pubblici.
Scene di vita quotidiana a Wuhan, il primo epicentro della pandemia di coronavirus diventata in tre mesi un’emergenza sanitaria a livello globale. Dopo due mesi di blocco imposto per la quarantena nella città di 11 milioni di abitanti sono tornati in funzione gli autobus e la metropolitana e dall’8 aprile riaprirà l’aeroporto, ma solo per i collegamenti domestici (esclusa Pechino).
Per consolidare i risultati ottenuti nel contenimento della pandemia, la risposta della Cina sta nella mappatura, attraverso il controllo sia del territorio sia delle persone. Lo schema per il ritorno alla normalità, messo a punto dagli esperti di Pechino, prevede che solo la ramificazione più ampia possibile di un monitoraggio continuo e costante possa prevenire e scongiurare nuovi focolai di contagio, anche a costo di comprimere oltre ogni misura il diritto alla privacy.
Per prima cosa il territorio dell'Hubei, provincia epicentro dell'infezione con 60 milioni di abitanti, e quello del suo capoluogo Wuhan sono stati passati al setaccio per segnalare le zone «free virus» e quelle ancora a rischio. Il secondo passaggio ha portato all'assegnazione di un «Health Qr code», un bollino sullo stato di salute degli individui, mettendo in campo la miglior tecnologia avanzata che spazia dai big data all'intelligenza artificiale e al riconoscimento facciale. Un’app via AliPay o WeChat assegna a ogni residente un colore sullo stato di salute, previa scannerizzazione del documento di riconoscimento. Il rosso, naturalmente, vale un caso confermato di infezione da sottoporre ad immediato trattamento medico, il giallo esprime un contatto ravvicinato con un caso di contagio (quindi obbligo di quarantena e divieto di viaggiare), mentre il verde certifica l'assenza di rischi e la possibilità di effettuare spostamenti.
La gradualità dell'apertura ha interessato soprattutto i trasporti, fattore chiave per consentire il ritorno dei flussi dei lavoratori verso gli insediamenti produttivi e le attività commerciali. Ad esempio, nella metropolitana di Wuhan sono stati installati 200 sistemi intelligenti a infrarossi per rilevare la temperatura corporea in 182 stazioni riaperte sabato. Mentre gli autobus, dopo una partenza al 30% del potenziale, hanno quasi raddoppiato la capacità di linee. I timori della leadership del Partito comunista sono legati all'imprevedibilità degli asintomatici e all'ondata dei contagi di ritorno.
«La guerra di popolo» al coronavirus, come l'ha chiamata il presidente Xi Jinping, è stata per il momento vinta, ma le insidie che restano sono numerose. A molte aperture hanno fatto seguito brusche inversioni di marcia come a Shanghai, dove le principali mete turistiche sono state chiuse per le politiche di prevenzione e controllo del coronavirus: le panoramiche Shanghai Tower, Shanghai Oriental Pearl Tower e Jinmao Tower sono di nuovo vietate ai turisti dopo una riapertura di appena 19 giorni.
Le industrie di Wuhan sono ripartite lentamente rompendo lo stop di oltre due mesi. La FiberHome Technologies Group, che ha attività di ricerca e sviluppo e produzione di equipaggiamenti ottici, è riuscita a centrare buoni livelli operativi. Un altro comparto in ripresa, ma a passo ridotto, è quello dell'auto: la città ospita le fabbriche che producono Buick, Chevrolet, Renault, Peugeot e Honda, e una parte importante della componentistica. Lo scorso weekend Xi si è recato in ispezione a Ningbo, nello Zhejiang, grande polo manifatturiero e porto primario, insieme a Liu He, vicepremier e plenipotenziario economico. È stato il primo viaggio dedicato all'economia dalla crisi del Covid-19. Il ritorno alla normalità è fondamentale per tutelare l'occupazione con i senza lavoro schizzati a gennaio-febbraio al record del 6,2%, a patto che il controllo sul coronavirus regga.
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