Vaccini, l'Ue frena sullo stop ai brevetti
Esordio di Mario Draghi a Oporto. Il premier partecipa per la prima volta in questa veste in presenza al Consiglio Europeo che riunisce i capi di stato e di governo dei Ventisette. Parleranno di lavoro e lotta e disoccupazione e anche di vaccini dopo lo stop ai brevetti proposto dal Presidente Usa Joe Biden per aumentare la produzione a favore dei Paesi poveri.
L'annuncio della Casa Bianca ha diviso la Ue e anche il Wto, l'organizzazione del commercio mondiale cui spetterebbe l'ultima parola. Già questo lascia intendere che l'operazione non sarà facile e nemmeno rapida. L'autorizzazione del Wto, ammesso che arrivi, verrebbe deliberata fra più di un anno. Rischierebbe così di arrivare fuori tempo massimo per combattere davvero il virus. L'iniziativa di Biden è stata salutata con accenti diversi. La Francia è d'accordo con gli Usa tuttavia fa presente che il vero problema da risolvere rapidamente riguarda problemi produttivi su scala globale; il premier Draghi si è mostrato prudente sul tema di principio; la Spagna è decisamente pro sospensione.
La Commissione, spiazzata dalla mossa americana, insiste sul fatto che tutti devono fare la loro parte garantendo le esportazioni di vaccini come di componenti per produrli. Tutti però consapevoli che tradurre in realtà questi appelli non sarà facile. Tanto più che il dibattito è serrato e ci sono già opposizioni molto forti.
La Germania è contraria alla liberalizzazione dei brevetti la sua resistenza è condivisa dalla Cina. Un asse Berlino-Pechino la cui costituzione certo non è una buona notizia per Washington. Secondo Angela Merkel la totale liberalizzazione creerebbe «gravi complicazioni». Dice un portavoce del governo tedesco: «Il fattore limitante per quanto riguarda la realizzazione dei sieri sono le capacità produttive e gli alti standard qualitativi richiesti, non i brevetti». Tanto più che «la protezione della proprietà intellettuale è fonte di innovazione e dovrà rimanerlo anche in futuro».
La capacità produttiva mondiale, secondo le case farmaceutiche, è già al limite e le stesse aziende hanno firmato centinaia di accordi di licenze volontarie per aumentarla. Quello che manca, cioè, sono le fabbriche e anche se la proprietà intellettuale dei vaccini venisse abolita sembra difficile che l'offerta aumenterebbe in misura esponenziale. Non a caso fonti di Bruxelles tirano il freno sulla proposta Biden.
«La Ue - dicono i collaboratori di Ursula Von der Leyen - cerca soluzioni pragmatiche a un problema su cui al Wto sono tutti d'accordo, che è la necessità di aumentare subito la capacità produttiva di vaccini su vasta scala». Al momento «non emerge che i brevetti siano un problema da questo punto di vista, ma se questo dovesse accadere ci sono le misure di flessibilità già previste dal Wto», mentre «non c'è tempo per un dibattito politico, pur legittimo, sulla proprietà intellettuale».
Bisogna ricordare che del Wto fanno parte 164 Paesi e le risoluzioni vanno prese all'unanimità. A Ginevra, sede dell'organizzazione il problema è sul tavolo da ottobre per iniziativa di India e Sudafrica. Vi sono già state una decina di riunioni senza significativi passi avanti. Secondo gli osservatori più qualificati, è probabile che i colloquisi concentrino su una deroga di portata significativamente più ristretta e di durata inferiore rispetto alla proposta di Biden.
Poi c'è la questione tempo: potrebbero volerci diversi mesi prima di arrivare a un punto d'intesa. I governi contrari e le case farmaceutiche eserciteranno il massimo della pressione per ridurre quello che considerano un danno, ed è probabile che lungo la via si materializzeranno proposte per aumentare la produzione globale in modo più rapido, anche se meno strutturale. Alla fine si ritorna sempre lì, a quel "problema complesso" che tutti mettono in risalto chiedendo una collaborazione che finora non c'è stata.
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