Usa in scacco del Covid. Ripartenza? I morti sono troppi
Sale il numero dei morti a causa del coronavirus negli Stati Uniti: 2.448 nelle ultime 24 ore, secondo i dati della Johns Hopkins University. Nella giornata precedente i decessi erano stati 2.073. Il bilancio complessivo ha superato le 75.500 vittime, con oltre 1.2 milioni di contagi in tutto il Paese.
La pandemia riverbera nel sociale in modo devastante. Gli States non fanno eccezione. L’America ha perso oltre 33 milioni di posti di lavoro nelle ultime sette settimane, più di tre milioni negli ultimi sette giorni. Una catastrofe economica e sociale che nelle prossime ore sarà certificata da un tasso di disoccupazione atteso (se si esclude il worst case scenario) intorno al 16%, passando dai minimi degli ultimi 50 anni ai massimi dalla Grande Depressione negli anni Trenta.
È il prezzo che stanno pagando gli Stati Uniti per una pandemia che continua a mordere ferocemente, con oltre un milione e 200mila casi di contagio e almeno 74mila vittime. Oltre duemila americani continuano a morire ogni giorno, un dato che stride con la volontà della Casa Bianca di far ripartire subito il Paese.
Donald Trump non se ne fa una ragione. Vede le chance di rielezione scivolargli sempre più di mano e preme l’acceleratore sulla necessità di un ritorno alla normalità. Anche a costo di silenziare gli esperti e di fare carta straccia delle raccomandazioni messe a punto dalle autorità sanitarie della sua stessa amministrazione.
Perché il tycoon (ultima controversa decisione) ha rispedito al mittente le linee guida preparate dai Cdc (Centers for Disease Control and Prevention) per favorire la riapertura in sicurezza di luoghi pubblici, scuole, chiese, esercizi commerciali e attività economiche.
«Troppo prescrittive», avrebbe detto il capo dello staff della Casa Bianca Mark Meadows, perché il tycoon non vuole bastoni tra le ruote e chiede indicazioni che siano meno rigide, uniformi e che lascino i singoli Stati più liberi di decidere a modo loro come gestire la fase 2 e riaprire le loro economie.
Intanto il virus arriva alla Casa Bianca, addirittura negli appartamenti presidenziali, in quella East Wing abitata dalla first family. Ad agitare il presidente americano è stata la notizia del contagio di uno dei suoi «valletti» personali, un membro della marina militare che si occupa soprattutto degli armadi e del guardaroba del Commander in chief.
Dopo alcune ore di trambusto la serenità è tornata con il test rapido a cui sono stati sottoposti sia il tycoon sia il vicepresidente Mike Pence, entrambi risultati negativi. Ma l’episodio dimostra, se ce ne fosse stato bisogno, come il nemico invisibile possa insinuarsi fin nel cuore delle stanze del potere, aggiungendo apprensione e preoccupazione attorno al presidente.
A New York, nel frattempo, il governatore Andrew Cuomo piange 700 morti dall’inizio della settimana: ancora troppi per poter pensare a una vera ripartenza della Grande Mela. Anzi, si pensa a nuove restrizioni, come il numero chiuso per l’accesso ai parchi pubblici in modo da evitare situazioni di sovraffollamento.
Bruciano ancora le immagini dell’ultimo week-end soleggiato in un Central Park gremito all’inverosimile. Così, affermano Cuomo e il sindaco Bill de Blasio, è quasi impossibile fermare l’onda dei contagi. Con uno studio che mette in evidenza come quell’onda, all’inizio di marzo, sia partita proprio da New York e si sia propagata in tutto il Paese, arrivando in Louisiana, Texas, Arizona e sulla West Coast.
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