Un'altra bomba a Foggia, il Viminale manda rinforzi
Non è passata nemmeno una settimana dalla mobilitazione di Libera con migliaia di persone in piazza, e la mafia foggiana è tornata a farsi sentire di nuovo squassando la città con una bomba. All'alba l'ennesima esplosione ha colpito un centro diurno per anziani «Il Sorriso di Stefano» in via Vincenzo Acquaviva, una struttura che fa parte del gruppo «Sanità Più» dei fratelli Luca e Cristian Vigilante, quest'ultimo già vittima di un attentato dinamitardo la sera del 3 gennaio.
I fratelli, con il suocero di Luca, sono parti offese e testimoni in un processo contro 29 presunti esponenti della mafia foggiana. Avrebbero subito un tentativo di estorsione da parte di due degli imputati che avrebbero chiesto il pizzo e volevano imporre assunzioni di loro protetti. L'ennesimo attentato, il decimo dall'inizio dell'anno in tutta la provincia, ha indotto il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, a confermare «la volontà dello Stato di contrastare con la massima determinazione ogni forma di criminalità» e ad annunciare l'invio «di un contingente straordinario di forze di polizia nella provincia di Foggia» mentre dal 15 febbraio, sarà attiva l'annunciata sezione operativa della Direzione investigativa antimafia.
La bomba di oggi, piazzata da un uomo incappucciato che è stato ripreso dalle telecamere di sicurezza, ha provocato prevalentemente danni esterni all'edificio, alla saracinesca e all'insegna e a quattro auto parcheggiate per strada ma avrebbe potuto avere conseguenze molto più gravi perché quando è esplosa, all'interno del centro anziani era al lavoro un'addetta alla sanificazione. Fortunatamente la donna non ha riportato ferite, ma è stata soccorsa dal 118 e portata al pronto soccorso in stato di choc.
Dall'inizio dell'anno c'è stata una escalation di attentati esplosivi nel Foggiano, prevalentemente contro esercizi commerciali: dieci in due settimane, di cui cinque nel capoluogo e altrettanti in provincia, cui va aggiunto l'omicidio di Roberto D'Angelo il 2 gennaio scorso, avvenuto a Foggia poco distante dalla zona dell'attentato di oggi. Un quartiere in una zona semicentrale a pochi passi da dove il 10 gennaio scorso è partita la marcia organizzata da Libera contro le mafie, che ha portato per strada 20mila persone. Ma «la marcia, non è stata sufficiente», ha detto la commissaria straordinaria del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura, Annapaola Porzio, che da oggi è a Foggia per due giorni di incontri che erano già stati convocati.
«La riscossa deve essere nella vita di tutti i giorni - ha detto - tutti i giorni i cittadini devono dire: siamo liberi, vogliamo una vita serena. Non vogliamo avere niente a che fare con criminalità organizzata e con il malaffare». Ne è convinto anche il premier foggiano Giuseppe Conte che su Twitter ha invitato la popolazione a non abbassare la testa. «Gli inquirenti sono già al lavoro - ha detto - e non daremo tregua a chi pensa, con la violenza, di esiliare legalità, libertà e giustizia». Sulla stessa linea anche il governatore della Regione Puglia Michele Emiliano che sollecita una mobilitazione collettiva. «Non si può delegare solo alle forze di polizia e alla magistratura la lotta alla mafia.
La politica e la società devono interrogarsi su quanto sta accadendo». E mentre dal mondo politico e istituzionale si moltiplicano gli appelli alla cittadinanza a non abbassare la testa di fronte alla criminalità, ai suoi attentatori Luca Vigilante, presidente del gruppo «Sanità Più» lancia un appello: «Basta, cambiate vita, così non si ottiene nulla. Lasciate stare queste situazioni, chi ve lo fa fare». «Siamo esterrefatti. Non ci aspettavamo una cosa del genere a pochi giorni da una risposta collettiva, sociale, istituzionale», ma «riapriamo subito - ha assicurato - anche perché tutte le nostre strutture sono in sicurezza».
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