Una guerra che sfregia il precetto di Antigone
Mai guerra è stata più mediatica di questa in Ucraina, con la narrazione in parole e la raffigurazione in immagini trasformate in un «altro» campo di battaglia sul quale sono stati oltrepassati molti limiti (come, ad esempio, l’aver spinto sulle prime pagine - per rappresentare gli orrori di una guerra - i cadaveri della famigliola sterminata da un colpo di mortaio mentre fuggiva da Irpin...).
E proprio sulle vittime rimaste letteralmente sul terreno, vale la pena di soffermarsi. Cadaveri di soldati caduti e di civili uccisi. Militari russi andati incontro ad un’inattesa ecatombe; ucraini caduti nel difendere la loro terra o cercando salvezza. Immagini di funerali e di corpi ricomposti nelle bare con la spoglia solennità consentita dalle circostanze. Ma in questo caso solo in Ucraina. Dalla Russia, nulla.
Nella paranoica ossessione di coprire i lutti di una «operazione speciale» non andata per il verso giusto, Putin ha infatti vietato i funerali dei suoi caduti. Niente bandiere né omaggi postumi con quel tanto di retorica che pure avvolge la pietas in questi casi... Dei caduti russi restano a futura memoria solo le macabre immagini di corpi sul terreno, straziati dalla violenza cieca della guerra.
Antigone qui non può far valere la sua voce. E sì che questa tragica eroina greca ha insegnato alla nostra civiltà, ancor prima del Cristianesimo, che nessuno né alcuna legge può impedire il rispetto e la sepoltura di un corpo senza vita. Neppure di un traditore. Tantomeno di un fratello. Sì, pietà l’è morta. Una volta ancora.
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