Una crisi al buio, è caccia aperta al gruppo dei «responsabili»
Giuseppe Conte si è dimesso. Un consiglio dei ministri, un colloquio di trenta minuti con Sergio Mattarella, la rituale visita ai Presidenti di Senato e Camera Casellati e Fico sono i fotogrammi della giornata in cui la crisi si apre realmente. E con il passare delle ore, sempre più carte sono in tavola: toccherà al Quirinale decidere come giocarle.
Il Capo dello Stato ha fissato per domani pomeriggio consultazioni lampo (da seguire in streaming, come si convenga in era Covid) e tra i gruppi che saliranno allo studio alla vetrata potrebbe essercene uno nuovo: quello dei «volenterosi». Che Conte spera di raggruppare sotto simbolo e nome (forse il Centro Democratico di Tabacci o il MAIE-Italia 23) con nuove adesioni oltre ai senatori che già hanno votato la fiducia al governo.
Mattarella indagherà le reali intenzioni delle forze in campo, a partire da quelle che sostengono Conte. E se dovesse dare un reincarico al premier - una delle ipotesi, insieme a quelle di un governo di unità nazionale a guida istituzionale e al voto - i «costruttori» toglierebbero di fatto ad Italia Viva la golden share, depotenziando l'eventuale ritorno di Renzi in maggioranza.
Ma il premier sa bene che la crisi al buio potrebbe avere altri epiloghi, se al Colle venisse fatto un nome diverso dal suo. Per questo Pd e M5s ripetono come un mantra e con parole identiche che Conte «è e resta punto di sintesi e di equilibrio della coalizione». E il dem Goffredo Bettini sprona ad un «allargamento della maggioranza in tempi brevi, modi chiari, nel segno dell'europeismo e senza uno stucchevole dibattito politicista e astratto» su altri nomi.
«Prima la sintesi sul programma» fa sapere però IV con Rosato e solo «poi non ci saranno veti da Italia Viva». Parole non confortanti per Conte, che saranno meglio chiarite nell'assemblea dei gruppi convocata da Renzi per domani e che chiamano Pd, M5s e Leu a fare quadrato attorno al premier.
Intanto il centrodestra ribadisce formalmente la sua unità. Una unità però tutta da verificare con i fatti: con Berlusconi aperto a governi di unità nazionale, Meloni tetragona sul voto. E Salvini attento a non incrinare con i distinguo la compattezza della coalizione.
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