Italia e Estero

Ultras, droga e violenza: venti arresti a Bergamo

La droga veniva acquistata e consumata in zona stadio. Tra gli indagati anche il figlio del procuratore capo di Brescia
Le immagini degli scontri del 16 gennaio 2016 dopo Atalanta-Inter
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Sono una ventina gli arresti eseguiti dalla Squadra mobile di Bergamo e dallo Sco della Polizia di Stato nell’ambito dell’inchiesta su spacciatori e ultrà dell’Atalanta.
La maxioperazione è scattata all’alba: l’indagine ha accertato che il gruppo, prima di assistere alla partita, acquistava e assumeva cocaina nelle vicinanze dello stadio bergamasco, incappucciandosi poi per compiere azioni violente.

Una ventina, come detto, le misure emesse, che vedono tra i destinatari anche il figlio del procuratore di Brescia Tommaso Buonanno, che ha avuto la misura cautelare dell'obbligo di firma disposta dal gip. Il figlio del magistrato dovrà presentarsi il sabato e la domenica in questura a Bergamo per firmare. In mattinata le forze dell'ordine hanno effettuato una perquisizione a casa del figlio del magistrato. 

Le indagini, avviate nel settembre del 2015, hanno consentito di acquisire gravi elementi indiziari a carico di un gruppo di italiani, nonché di un cittadino albanese e di uno serbo, in prevalenza ultras dell'Atalanta, dediti alla cessione di ingenti quantitativi di droga, anche tra i tifosi della tifoseria stessa. Tra gli indagati anche un settantatreenne e un sessantatreenne.

La modalità di azione, con il consumo di droga nei pressi dello stadio seguito dalle violenze, è stato accertato anche prima degli scontri avvenuti, nel gennaio 2016, nel centro di Bergamo, dopo la partita contro l'Inter, che ha portato a contestare anche il reato di resistenza a pubblico ufficiale, riconducibile a condotte violente attuate al termine dell'incontro. L'operazione, chiamata «Mai una gioia», prende il nome dallo slang e dal linguaggio in codice tipico usato dagli arrestati, i quali erano soliti ripetere come un mantra la frase, riportata anche in uno striscione in curva.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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