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Ucraina, a Mariupol potrebbero essere state usate armi chimiche

Secondo le ultime stime del sindaco i morti potrebbe essere almeno 21mila. La reazione dell'Occidente
  • La devastazione a Mariupol
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Occhi e mucose infiammate, secchezza delle fauci, difficoltà respiratorie, tachicardia. Nell'assedio infinito di Mariupol, dove secondo le ultime stime del sindaco i morti sono almeno 21mila, i russi avrebbero attaccato anche con bombe al fosforo. Sostanze tossiche fatte piovere da un drone che ha preso di mira i difensori della città portuale strategica, sempre più schiacciata sotto il peso dell'offensiva.

La denuncia: «Usate bombe al fosforo»

Secondo la denuncia del battaglione Azov, ultimo vero bastione della resistenza, tre persone hanno evidenziato «chiari segni di avvelenamento chimico», ma nessuno di loro ha subito «gravi conseguenze», visto che le munizioni vietate sarebbero cadute in una zona relativamente isolata. «È impossibile indagare la scena del crimine per via del fuoco nemico, perché i russi continuano a usare la tattica di nascondere i loro crimini», ha spiegato il reggimento di combattenti ucraini, mentre i feriti raccontano di un improvviso e denso fumo bianco e poi di difficoltà a respirare e gambe che cedevano «come cotone». Un'accusa confermata anche dall'amministrazione civile di Mariupol e che, soprattutto, trova la sponda degli Usa.

«Abbiamo informazioni credibili che i russi possano usare gas lacrimogeni, o altri strumenti antisommossa, mescolati ad agenti chimici, nell'ambito della loro offensiva contro Mariupol», ha spiegato il segretario di Stato americano, Antony Blinken. L'incubo delle armi chimiche insomma aleggia sempre di più sull'Ucraina, come dimostra anche un'altra denuncia giunta da Novoyakovlivka, un villaggio nella vicina regione di Zaporizhzhia, colpito secondo le autorità locali «con bombe al fosforo», i cui effetti sarebbero stati attenuati dalla pioggia.

Accuse che Mosca ha sempre smentito, rispedendole al mittente come presunte «provocazioni». Anche se, solo poche ore prima del presunto attacco, il vicecomandante delle milizie separatiste di Donetsk, il colonnello Eduard Basurin, aveva minacciato l'uso di «armi chimiche» per «stanare le talpe», riferendosi in particolare ai tunnel delle acciaierie Azovstal di Mariupol, in cui troverebbero rifugio i tremila combattenti di Azov. 
Che possa trattarsi di una strategia ben precisa è il timore anche del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha espresso «preoccupazione per un possibile attacco con armi chimiche nella nuova fase del terrore».

La reazione dell’Occidente

Se accertato, l'impiego di armi vietate nell'attacco potrebbe scatenare nuove reazioni dall'Occidente. Gli ammonimenti rimbalzano da Bruxelles a Londra. La Gran Bretagna, ha spiegato il viceministro della Difesa James Heappey, sta «lavorando con urgenza» per verificare le denunce. E se verranno provate, ha aggiunto, «tutte le opzioni sono sul tavolo» in termini di risposta internazionale.

Non si fermano neppure le atrocità della guerra convenzionale. Sempre a Mariupol, la Caritas ha denunciato che due operatrici «sono state forzatamente portate in Russia» dalla sua sede locale, dove sette persone erano morte nel bombardamento di un tank russo. L'offensiva russa prosegue intanto la sua avanzata nel Donbass, verso cui si dirige un maxi-convoglio militare dalla regione russa di Rostov, mobilitato insieme alle truppe di rinforzo per sferrare l'attacco definitivo, mentre centinaia di migliaia di civili sono fuggiti negli ultimi giorni verso ovest.

L’orrore nelle altre regioni

In tutta l'Ucraina, nel frattempo, continuano a emergere gli orrori. La procuratrice generale Iryna Venediktova parla di 5.800 episodi di sospetti crimini di guerra sotto indagine. Nelle città già attaccate dai russi, i bilanci diventano sempre più drammatici. A Bucha, secondo il sindaco Anatoliy Fedoruk, i corpi di civili uccisi rinvenuti sono saliti a 403, mentre ancora si scava in altre fosse comuni. E a Severodonetsk, nella regione orientale di Lugansk, sono state trovate altre 400 sepolture.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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