Uccide i figli e si suicida, quei precedenti nel Bresciano
Poche ore prima correvano spensierati nel cortile di casa, dopo una giornata sulle montagne della Valsassina, le immagini postate sui social prima che la vacanza si trasformasse in tragedia. Elena e Diego, gemelli di 12 anni, sono stati uccisi nella notte, soffocati dal padre. «Non li vedrai mai più», è il messaggio inviato da Mario Bressi, impiegato di 45 anni, alla madre, Daniela Fumagalli, sua coetanea.
È stata lei a dare l'allarme, dopo essersi precipitata a Margno (Lecco) e aver trovato i figli ormai morti nella casa di villeggiatura della famiglia. L'uomo, con il quale i rapporti si erano logorati, si era nel frattempo suicidato lanciandosi dal ponte della Vittoria a Maggio di Cremeno, unico testamento quelle foto su Instagram. «Coi miei ragazzi sempre insieme», il suo commento.
A svegliare l'intero paese, che d'estate si popola di appassionati di montagna, sono state proprio le urla della madre. «Non si svegliano, non si svegliano», ripeteva a gran voce contorcendosi dal dolore. «Ho fatto la rampa delle scale e sono corso giù, ma era troppo tardi: anche i volontari della Croce Rossa piangevano», è il racconto di Vincenzo Rizza, un vicino di casa, che ha riferito di avere sentito nella notte «dei rumori molto strani». Erano circa le 3 di notte: «Non ho pensato ai ladri e non sono uscito di casa», il suo rammarico. «Se solo fossero stati più frequenti, forse avrei potuto fare qualcosa - ha aggiunto tra le lacrime - Il pensiero di questo padre che prepara da mangiare ai suoi figli e poi li uccide è qualcosa di mostruoso...».
Originari di Gorgonzola ma dal 2003 residenti nella vicina Gessate, nell'area metropolitana di Milano, la famiglia Bressi era conosciuta nel paese. «Sembra che queste cose accadano sempre lontano, invece sono dietro l'angolo. Non ci sono parole», ha commentato il vicesindaco Valter Falcetti.
Parole che rievocano episodi analoghi che una manciata di anni fa segnarono il Bresciano, due in poco più di dodici mesi. Il primo episodio, che risale al maggio del 2012, avvenne in città, nella zona di via Cremona. Marco Turrini era depresso e una mattina lanciò i due figli dalla finestra e poi si lasciò cadere nel vuoto a sua volta, morendo sotto gli occhi della moglie. Pasquale Iacovone invece, nel luglio 2013, non accettava la fine del matrimonio e l'ultima notte in cui aveva a disposizione i figli prima di riportarli alla madre, diede fuoco, a Ono San Pietro, in Valcamonica, ai due fratellini, che morirono nel sonno e poi tentò di togliersi la vita lui stesso tra le fiamme, ma si salvò.
Turrini prima lanciò dalla finestra Manuela, di 14 mesi e poi Samuele, 4 anni e mezzo. Stava affrontando una depressione da tempo e quella mattina decise di mettere fine anche alla sua esistenza che si chiuse sul cofano di un'auto parcheggiata nel cortile interno sotto casa. Davanti agli occhi della moglie Elena Morè, all'epoca infermiera agli Spedali Civili di Brescia e testimone impotente di una doppia tragedia. La donna, insignita del Premio Bulloni, ha lasciato la città e ora ha cambiato vita, abbracciando il volontariato all'estero.
Vive invece sempre a Ono San Pietro e ha creato un'associazione nel nome dei figli, Erica Patti, la mamma di Andrea, 9 anni, e Davide, 12, carbonizzati nell'appartamento dove viveva il padre dopo la separazione. Anche a lei è andato il Premio Bulloni. Pasquale Iacovone tentò il suicidio ma venne salvato dal rogo che si era invece portato via i suoi due figli. «L'imputato - scrisse la Corte d'Appello di Brescia condannando all'ergastolo l'uomo - spinto da rancore ed odio inaudito verso la moglie da lui tormentata e molestata per oltre un anno, aveva deliberato di imporre un'ultima definitiva sofferenza: uccidere i figli ed assaporare il gusto tremendo di vederla soffrire in modo indescrivibile di fronte corpi straziati carbonizzati degli stessi».
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