Twitter è pieno di robot e il resto della rete non è messo meglio
Una buona fetta di follower, mi piace e retweet che vediamo sui nostri profili Twitter potrebbe essere frutto non di utenti in carne ed ossa, ma di bot, abbreviazione di robot, in pratica software automatici. Sono circa 48 milioni, un esercito se si considera che il numero degli utenti attivi di Twitter nel mondo ammonta in tutto a 319 milioni.
«Quello che preoccupa di più è che possono distorcere la visione del mondo che abbiamo online, manipolando così l'opinione pubblica», spiega Filippo Menczer, professore di Informatica e Computer Science all'Università dell'Indiana, a capo di un gruppo di lavoro che si occupa di social media e informazione. L'università dell'Indiana insieme a quella della California del Sud hanno pubblicato di recente una ricerca che si occupa delle interazioni «uomo-bot»: hanno calcolato che su Twitter fino al 15% dei profili è costituito da questi software creati per svolgere attività automatizzate sul web.
Il metodo messo a punto dai ricercatori ha passato al setaccio contenuto e tono dei tweet, amici e follower, tempistiche e modelli ciclici di attività. Registrando una evidente crescita del fenomeno: nel 2014 le stime ufficiali di Twitter indicavano infatti una percentuale di bot compresa tra il 5 e l'8,5% degli utenti attivi.
A dire il vero il fenomeno non riguarda solo il microblog dei cinguettii. Un recente rapporto di Imperva Incapsula ha evidenziato che oltre la metà del traffico online nel mondo (il 52%) non è generato da persone, ma proprio dai bot.
«Crediamo che tutte le piattaforme social siano vulnerabili perché offrono strumenti per controllare profili programmaticamente - osserva Menczer -. Per esempio su Facebook i profili dovrebbero in teoria essere associati ad umani, ma io per esempio ricevo regolarmente inviti da profili falsi. Noi ricercatori spesso ci focalizziamo su Twitter semplicemente perché i dati sono pubblici e facilmente accessibili».
E sul fenomeno, Twitter è in guardia: di recente il social si è aggiornato in chiave sicurezza permettendo agli utenti di silenziare gli account «ovetto» quelli sprovvisti di foto, spesso riconducibili ai bot.
«Stiamo cominciando a studiare le caratteristiche di questi software - aggiunge il ricercatore -. Nel nostro studio abbiamo rivelato tre classi di bot che sono abbastanza distinguibili dagli umani: spam bot, bot che fanno auto-promozione, ad esempio per siti porno, e bot associati ad applicazioni che twittano automaticamente secondo istruzioni degli utenti. Ci sono certamente bot che sono difficili da distinguere dagli umani, ma non sono difficili da creare».
L'impiego di questi software è il più disparato. Ci sono bot «benigni» che twittano su notizie e meteo, ma anche quelli che promuovono personaggi politici per amplificare i loro messaggi. Software che postano frasi estratte da altre fonti o contenuti copiati da altri utenti per sembrare umani.
«Questi, in particolare possono essere usati come fake followers anche a pagamento per supportare campagne», spiega Menczer che pone l'attenzione su un'altra tipologia di bot legato al fenomeno delle «fake news», le notizie bufala, di grande attualità.
«Diffondono notizie false per generare traffico verso i siti con queste notizie, poi possono monetizzare tale traffico con la pubblicità. Spesso menzionano utenti influenti per indurli a ripostare queste notizie ai loro numerosi follower», sottolinea il ricercatore che col suo gruppo di lavoro ha creato Hoaxy, un motore di ricerca anti-bufale.
«Quello che preoccupa di più è che i bot possono distorcere la visione del mondo che abbiamo online, manipolando così l'opinione pubblica - conclude Menczer -. Possono creare l'impressione che un'idea o una persona siano popolari quando non lo sono o che ci sia una forte opposizione quando non c'è».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato