Tafaj aveva già aggredito i carabinieri ed era già evaso
I guanti sulle mani. Sempre. Anche con l’afa d’agosto, per non lasciare impronte. Niente cellulare e niente documenti, invece. Sempre per evitare di rendersi identificabile.
Ne aveva motivo Besnik Tafaj, il 27enne albanese morto all’alba di sabato a Mezzate, frazione di Peschiera Borromeo, colpito da un proiettile che lui stesso aveva esploso verso Carabinieri e Polstrada che lo tallonavano sin da Brescia. Un inciampo gli è stato fatale.
La volontà di non lasciar tracce era dovuta anzitutto all’Audi A8 con cui ha solcato le strade di mezza Lombardia nella sua ultima notte: rubata giovedì a Gussola (Cremona). Proprio quella seguivano militari e poliziotti, che ignoravano il nome di quell’uomo alto e robusto che stavano pedinando. Ma c’era altro. Sul suo conto infatti sono emersi numerosi precedenti.
Nel 2011 era stato arrestato a Monza dopo aver puntato una pistola (rubata a Brescia) contro i carabinieri che lo avevano fermato su un’Audi R8 rubata. Un’altra supercar, carica allora di gioielli e chiavi di altre vetture «scottanti». L’Audi era «svanita» da Verona. Dove di recente, tra l’altro, sul capo di Tafaj pendeva un decreto di fermo d’iniziato per il furto di una Mini.
Un divertissement dopo il carcere, rimediato per un furto commesso a Brescia - con evasione conseguente dai domiciliari - e per la condanna del 2011. Parte della pena gli era stata però commutata in affidamento in prova ai servizi sociali. Ma nella struttura in cui avrebbe dovuto lavorare per evitare la cella non si era mai presentato. Né mai si presenterà ora.
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