Italia e Estero

Svezia, strage di anziani nel Paese del «tutto aperto»

Ci si rende conto solo ora che è mancata la prevenzione nell'emergenza coronavirus: monta la rabbia
Nei casi più gravi si deve ricorrere alla terapia intensiva
Nei casi più gravi si deve ricorrere alla terapia intensiva
AA

Monta la rabbia per l’elevato numero di morti che il coronavirus sta facendo tra la popolazione anziana in Svezia, a cominciare dai residenti delle case di riposo, in un Paese che ha deciso di non imporre alcun tipo di lockdown per combattere la pandemia affidandosi a semplici raccomandazioni della Sanità ai cittadini. Solo nell’ultima settimana il premier socialdemocratico Stefan Lofven ha ammesso di non aver fatto abbastanza, ma ormai il danno è fatto.

Circa un terzo delle 1.511 vittime finora registrate in Svezia, ovvero più di 500, vivevano in case di riposo, un fenomeno che adesso preoccupa l’Agenzia per la salute pubblica svedese. E da giorni aumenta la pressione sull’esecutivo affinché dia una risposta ai cittadini sempre più allarmati. Magnus Bondesson ha cominciato a preoccuparsi poco dopo il tre aprile, giorno in cui sono state vietate le visite alla casa di riposo dove vive sua madre 69enne, nella città di Uppsala. L’istituto ha «introdotto le chiamate via Skype ed è stato allora che ho visto due dipendenti - ha raccontato Bondesson al Guardian -. Ma non avevano nessuna mascherina e non indossavano i guanti».

Quella stessa settimana sono cominciati ad apparire sui media nazionali numerosi articoli e servizi sul violento impatto del coronavirus tra gli anziani, con centinaia di contagi soprattutto nelle case di riposo di Stoccolma - la regione più colpita - ma anche nel resto del Paese. «Questa è la nostra grande area problematica», ha ammesso Anders Tegnell, l’epidemiologo dell’Agenzia per la salute pubblica svedese ideatore dell’approccio morbido adottato dal governo. E lo stesso premier ha riconosciuto adesso che il Paese si trova davanti ad una «situazione seria» riguardo alle sue case di riposo.

Le direttive del governo per gli operatori sanitari che lavorano nelle case di riposo sono chiare: il personale non ha l’obbligo di indossare materiale protettivo come mascherine e guanti a meno che non sospetti di avere a che fare con un ospite contagiato dal virus. Non a caso, quindi, le critiche più dure sono arrivate soprattutto dagli stessi dipendenti delle case di riposo: «Dove lavoro non abbiamo affatto mascherine e siamo in contatto con le persone più vulnerabili di tutte», si è lamentato un operatore citato dal Guardian che ha voluto mantenere l’anonimato. «Non abbiamo disinfettante per le mani, solo sapone - ha proseguito -. Questo è tutto, siamo tutti preoccupati».

Da parte sua, un’infermiera intervistata dall’emittente svedese SVT non ha dubbi: «La cosa peggiore è che siamo noi, i membri del personale, a portare l’infezione agli anziani... È incredibile che un numero ancora maggiore di loro non abbia contratto l’infezione. È uno scandalo». Il governo svedese ha così annunciato che aumenterà significativamente il numero dei test per il coronavirus nel paese, mentre continua a mantenere un approccio meno stringente sulle misure per contrastare la diffusione del virus. La campagna per incrementare il numero dei test si svolgerà nelle prossime settimane e interesserà in prima battuta le persone in ruoli considerati chiave, come poliziotti e vigili del fuoco, oltre ai pazienti.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato