Sul clima siamo parecchio in ritardo
Quattro percorsi possibili per mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi dai livelli pre-industriali, l'obiettivo più ambizioso dell'Accordo di Parigi sul clima. Sono questi quattro scenari il punto centrale del «Sommario per decisori politici» preparato dall'Ipcc (la commissione dell'Onu sul cambiamento climatico) a un meeting a Incheon in Corea del Sud nei giorni scorsi, e pubblicato stamani.
Il rapporto, lungo una trentina di pagine, prevede le conseguenze sul mondo di un riscaldamento a 1,5 gradi e indica le politiche da adottare per rimanere entro questa soglia. Lo studio (commissionato all'Ipcc alla Conferenza di Parigi del 2015) è il frutto di due anni di lavoro di 91 ricercatori da 44 paesi, che hanno esaminato 6.000 studi in materia e valutato 42.000 recensioni di colleghi e governi alle loro conclusioni.
In tutti e quattro i percorsi la quantità di gas serra di origine umana nell'atmosfera (causa del cambiamento climatico) viene ridotta. Due i modi: attraverso il taglio delle emissioni (passaggio a energie rinnovabili e veicoli elettrici, efficienza energetica, riciclo dei rifiuti, riduzione del consumo di carne) e attraverso la rimozione della CO2 (riforestazione, cattura e stoccaggio del carbonio, quest'ultimo un procedimento ancora sperimentale).
Il primo percorso indicato dall'Onu è il più «verde»: prevede di puntare sul risparmio energetico e la riforestazione. Il secondo punta su una elevata sostenibilità di tutti i settori produttivi, con un limitato uso dello stoccaggio di carbonio (che ad oggi è fattibile tecnicamente, ma non ancora sostenibile economicamente).
Il terzo scenario vede i settori dell'energia e industriale simili a oggi, ma con una maggiore attenzione alla sostenibilità e un ricorso significativo al «carbon storage». Il quarto percorso (quello più caro all'amministrazione Trump, ma tecnicamente futuribile) prevede uno sviluppo basato sulle fonti fossili, con forti emissioni riassorbite dallo stoccaggio di carbonio.
«Le attività umane si stima che abbiano causato approssimativamente 1 grado di riscaldamento globale dai livelli pre-industriali, con una variazione probabile da 0,8 gradi a 1,2 gradi - si legge nel rapporto -. Il riscaldamento globale è probabile che raggiunga 1,5 gradi fra il 2030 e il 2052, se continua ad aumentare al tasso corrente».
«Il riscaldamento da emissioni umane dal periodo pre-industriale ad oggi - prosegue la ricerca - persisterà per secoli e millenni e continuerà a causare ulteriori cambiamenti di lungo periodo sul clima, come l'innalzamento del livello dei mari, con gli impatti relativi, ma queste emissioni da sole è improbabile che causino un riscaldamento globale di 1,5 gradi». L'Ipcc in pratica sostiene che, se oggi si cominciasse a ridurre drasticamente le emissioni e ad assorbire la CO2 esistente nell'atmosfera, si potrebbe raggiungere l'obiettivo di mantenere il cambiamento globale entro 1,5 gradi, poiché le emissioni del passato da sole non provocherebbero il superamento di questa soglia.
Per Gianni Silvestrini, direttore scientifico della ong sul clima Kyoto Club, quello dell’Ipcc è «un messaggio estremamente allarmato, ma con un filo di speranza. Se infatti, da un lato esso sottolinea come riuscire a mantenere l'aumento di temperatura sotto 1,5 gradi, cioè mezzo grado più di oggi, consentirebbe di ridurre impatti catastrofici, al tempo stesso riconosce come questo risultato sia estremamente difficile da raggiungere». Che fare, dunque? «Occorrerebbe ridurre le emissioni del 45% al 2030 rispetto al 2010 - aggiunge Gianni Silvestrini, direttore scientifico della ong sul clima Kyoto Club -. Inoltre nei decenni successivi si dovrebbero assorbire gigantesche quantità - miliardi di tonnellate - di anidride carbonica dall'atmosfera. È chiaro che ogni giorno di ritardo nelle politiche climatiche comporterà successivi tagli sempre più drastici delle emissioni e un aggravamento dei rischi. Per affrontare una sfida così radicale, il mondo politico, quello imprenditoriale e finanziario dovranno avviare una profonda rivisitazione degli attuali obbiettivi e delle strategie economiche. Un cambio di marcia che non avverrà però senza una grande mobilitazione dal basso».
«Con la pubblicazione del report viene evidenziata la necessità di un'azione urgente - ha dichiarato il capo della delegazione del Wwf all'Ipcc -. Gli impegni finora assunti dai governi non sono sufficienti a limitare il riscaldamento a 2 gradi centigradi, ancor meno a 1,5 gradi centigradi, e più ritardiamo drastiche riduzioni delle emissioni, più le conseguenze saranno irreversibili e le soluzioni future costose».
Dal report, inoltre, «emerge con tutta evidenza che le conseguenze di un aumento globale di 1 grado centigrado sono già sotto i nostri occhi e che si rischiano cambiamenti a lungo termine o addirittura irreversibili per il nostro pianeta se si dovesse superare la soglia critica di +1.5 gradi o addirittura i 2 gradi centigradi». È il commento di Gianmaria Sannino (responsabile laboratorio di Modellistica Climatica e Impatti dell'Enea) secondo cui «purtroppo sull'attuazione degli Accordi di Parigi c'è un forte ritardo e anche nel nostro Paese il percorso di decarbonizzazione sta rallentando». Ad avviso dell'esperto, «serve una drastica inversione di tendenza utilizzando le tecnologie che già abbiamo per interventi urgenti nel settore dell'energia, dei trasporti, dell'agricoltura e nella gestione delle grandi metropoli che giocano un ruolo fondamentale nella riduzione delle emissioni di gas serra».
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