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Suicida in carcere, imputazione coatta per agente penitenziaria

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BOLOGNA, 27 GIU - A rispondere del suicidio in carcere del 29enne Lorenzo Lodi, avvenuto il primo settembre del 2021 a poche ore dal suo ingresso nella casa circondariale di Ferrara, sarà solo l'agente di polizia penitenziaria Giuseppe Palermo. A stabilirlo, riportano i giornali locali, è l'ordinanza del gip Danilo Russo che risponde all'opposizione che la famiglia dell'uomo aveva proposto contro la richiesta di archiviazione dell'indagine avanzata dalla procura. Per l'agente è arrivata l'imputazione coatta per omicidio colposo. Non avrebbe adeguatamente sorvegliato il detenuto, che era stato riconosciuto a rischio autolesionismo, contravvenendo all'ordine di servizio specifico che prevedeva un passaggio almeno ogni 20 minuti. Nessun passaggio ci fu dalle 11.30 fino alle 14.50, momento in cui venne scoperto il corpo senza vita di Lodi. Il gip ha invece confermato l'archiviazione delle indagini nei confronti della comandante della polizia penitenziaria Annalisa Gadaleta, dell'ispettrice Patrizia Fogli e del medico Giada Sibahi. Fu quest'ultima, dopo una visita, a suggerire di elevare il grado di sorveglianza (con il passaggio a "grande sorveglianza"), ma le veniva contestato di non aver dato indicazioni sulla rimozione delle lenzuola, che il detenuto aveva indicato come possibile strumento da usare per togliersi la vita. Non era tra i suoi doveri specificarlo, rileva il giudice, e in ogni caso la stessa vittima aveva scartato l'idea preferendo assumere i farmaci prescritti. La richiesta di archiviazione della procura evidenziava sul punto una carenza normativa per la corretta gestione dei detenuti a rischio suicidio.

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