Strage di Capaci, Mattarella: «La mafia può essere sconfitta»
Con l'inno di Mameli si è aperta al porto di Palermo la celebrazione per l'anniversario della strage di Capaci nella quale, il 23 maggio 1992, vennero uccisi Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e agli agenti della scorta. «O si sta contro la mafia o si è complici, non ci sono alternative», ha avvertito il capo dello Stato nel suo intervento nell'aula bunker del carcere dell'Ucciardone, dove si sono tenuti gli interventi delle autorità.
«La mafia esiste ancora, non è stata sconfitta - ha proseguito Mattarella -. È necessario tenere sempre attenzione alta e vigile da parte dello Stato». Però, ha sottolineato, «sentimenti di contrapposizione, contese, polemiche all'interno della magistratura minano il prestigio e l'autorevolezza dell'organo giudiziario», mentre «la credibilità della magistratura e la capacita di riscuotere fiducia è imprenscindibile per lo svolgimento della vita della Repubblica». E quindi l'invito: «Gli strumenti non mancano, si prosegua a fare luce su ombre e sospetti e si affrontino in maniera decisiva i progetti di riforma».
Il presidente della Repubblica ha quindi ricordato che «la mafia, diceva Antonino Caponnetto, teme la scuola più della giustizia, l'istruzione toglie l'erba sotto i piedi della cultura mafiosa». E oggi la mafia, «che ha fatto di una malintesa, distorta e falsa onorabilità il suo codice di condotta, ha perduto terreno nella capacità di aggregare e di generare, anche attraverso il terrore, consenso e omertà tra la popolazione. La mafia può essere definitivamente sconfitta, realizzando così la lucida profezia di Giovanni Falcone».
Il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, ha invece ricordato che il metodo di Giovanni Falcone era quello di creare una rete tra organismi investigativi come al tempo del terrorismo. «Quel metodo - ha detto - è stato un punto di forza cominciato con Rocco Chinnici ed era proseguito con Antonino Caponnetto: in sostanza, indagini mirate e collegate».
Anche per il Guardasigilli Marta Cartabia «il lavoro di Falcone fu straordinario: andare alla ricerca della forza economica della mafia lo portò a sviluppare la consapevolezza che occorreva lavorare a livello internazionale. Quando venne al ministero nel '91 iniziò la fase di cooperazione internazionale, fu un periodo breve ma fecondissimo. A livello europeo, fu Falcone il primo a intuire che occorreva una protezione penale degli interessi finanziari. Tra qualche settimana prenderà avvio la Procura europea, una istituzione dell'Ue, anche qui troviamo un lascito di Falcone».
Il presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha invece ricordato che quando 29 anni fa «l’Italia intera rischiava di sprofondare nella voragine aperta dalla strage di Capaci», l'esempio di Giovanni Falcone «ha determinato la reazione degli italiani, l'azione di magistrati e delle forze dell’ordine. In tutti questi anni Falcone è diventato sinonimo di giustizia e libertà dalle mafie: non c’è generazione che non conosca il suo nome, non c’è angolo del Paese dove la sua storia non abbia scosso le coscienze. Oggi, ancora più di ieri, la sua memoria ci deve spronare nell’azione di contrasto alle mafie. Per impedire che intralcino la rinascita del Paese, che mettano le mani sui fondi per la ricostruzione o che approfittino della fragilità del nostro tessuto sociale ed economico, provato dalla crisi pandemica. Dove una famiglia è in difficoltà o un’azienda è in crisi, lo Stato deve arrivare prima della criminalità organizzata. È questo il vero impegno morale che il Paese ha nei confronti di Giovanni Falcone e di tutti i martiri caduti come lui in nome della legalità».
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