Italia e Estero

Spreco alimentare e imballaggi: come la pandemia ci ha cambiati

Se aumenta del 26% lo spreco, per il 42% delle aziende c'è stata un'ottimizzazione di formati e materiali
Spreco alimentare (simbolica) - © www.giornaledibrescia.it
Spreco alimentare (simbolica) - © www.giornaledibrescia.it
AA

Un quarto dei produttori agroalimentari del Made in Italy, il 26,18%, dichiara di aver registrato un aumento dei propri sprechi alimentari a causa della pandemia nel corso del 2020, con un incremento tra il 5 e il 15 per cento per il 44% di questi.

I prodotti freschi «quelli più sprecati»: in testa frutta e verdura con un incremento del 41,94%, poi carne e pesce con un 35,14 e ancora un +31,11 per prodotti freschi caseari e un +31,03% per panificazione e pasticceria.

Emerge dalla ricerca «Spreco alimentare: l'esperienza dei produttori del Made in Italy durante la pandemia» a cura dell'Osservatorio Metronomo, commissionata da Metro Italia alla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, che fotografa l'impatto della pandemia da Covid-19 su un campione di oltre 230 produttori della filiera alimentare, presentata alla Sala stampa della Camera dei Deputati.

«La riduzione degli sprechi alimentari è uno degli 8 ambiziosi obiettivi della strategia 'Farm to Fork' approvata in queste settimane dall'Unione Europea», commenta l'onorevole Maria Chiara Gadda e quindi «con orgoglio posso affermare che in Italia siamo partiti ben prima e la legge 166, donazione e distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici di cui è stata prima firmataria, ne è una testimonianza diretta». Inoltre si rileva che nel corso della pandemia, con la chiusura temporanea delle attività Horeca (fuori casa), molti player hanno rimodulato i canali di vendita, spostando la distribuzione da operatori del mercato dei consumi fuori casa alla grande distribuzione che dall'83,26% del pre-Covid è salita all'87,55%. Il calo maggiore si è registrato in bar e ristoranti passati dal 43,35% al 16,31%. Inoltre per il 42% del campione delle aziende intervistate, proprio «la discontinuità nelle chiusure e nelle aperture delle attività Horeca è il fattore che maggiormente ha ridotto la produzione e le vendite». Secondo la ricerca si registrano «significativi impatti sul livello di produzione». In particolare, la produzione di bevande tipiche ha subito una contrazione del 42%, mentre le aziende che producono o rilavorano frutta e verdura fresca hanno dovuto ridimensionare del 32% la quantità di prodotto immesso sul mercato.

Sull’altro fronte si assiste ad una riduzione della produzione e delle vendite lungo la filiera agroalimentare di prodotti tipici nazionali, per il 42% delle aziende. La pandemia è stata per le aziende un importante driver per l'ottimizzazione e la riduzione dei packaging: il 28% ha introdotto nuovi formati e minori quantità di prodotto, e per il 23% è stata l'occasione di proporre confezioni più sostenibili.

Tra le criticità maggiori per il professore Fabio Iraldo della Scuola Superiore Sant'Anna «la complessità nel gestire il personale e la logistica in uno scenario incerto e in costante cambiamento», mentre Marco Cosi, responsabile localismi e ultrefresh di Metro Italia ha sottolineato come «moltissime aziende sono riuscite a riorganizzare la propria produzione».

Tra le azioni che le aziende stanno cercando di mettere in campo - secondo il campione di oltre 230 produttori della filiera alimentare analizzato da Metronomo - per prevenire la produzione di eccedenze e in caso perché non diventino spreco, il 60% dei produttori dichiara che «è fondamentale effettuare consegne con volumi ridotti di prodotto». La ricerca evidenzia che questo comportamento è aumentato del 21% rispetto al pre pandemia. Un ritardo si rileva invece nell'utilizzo di applicazioni digitali che favoriscano la rivendita di prodotti in mercati secondari: non vengono adottate dal 75% degli intervistati.

L'8% dichiara però di averle iniziate ad utilizzare durante l'emergenza sanitaria per gestire le eccedenze generate proprio nei mesi di lockdown, e - in prospettiva - per circa il 30% tali applicazioni sono un valido strumento per la lotta agli sprechi alimentari. Tra le 5 «soluzioni/azioni» considerate dalle aziende «strategiche per la riduzione delle eccedenze e/o dello spreco alimentare all'interno della filiera» il 48% ha indicato progetti per ottimizzare lo stoccaggio dei prodotti, il 47% progetti per la valorizzazione degli scarti alimentari nella filiera food, il 42% iniziative formative per operatori del settore in tema di spreco alimentare. Mentre il 39% e il 29% hanno rispettivamente indicato «un progetto comune per le donazioni delle eccedenze ad organizzazioni caritatevoli» e «una applicazione per la donazione e/o scambio di alimenti».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato