Italia e Estero

Sì all'aborto farmacologico senza ricovero: è scontro

Il Css ha dato parere favorevole alla somministrazione della pillola RU486 in ambulatorio, anche dopo le 7 settimane
Le donne che desiderano interrompere la gravidanza potranno farlo in ambulatorio
Le donne che desiderano interrompere la gravidanza potranno farlo in ambulatorio
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Per abortire con la pillola RU486 non servirà più il ricovero. È quanto indica il parere del Consiglio Superiore di Sanità al quale il ministro della Salute Roberto Speranza aveva chiesto una valutazione. Ad anticiparlo è stato il quotidiano La Repubblica. «Le evidenze scientifiche sono molto chiare - ha detto il ministro Speranza al giornale - il Consiglio Superiore di Sanità e le società scientifiche hanno espresso un parere favorevole univoco. Queste nuove linee guida sono un passo avanti importante e rispettano pienamente il senso della legge 194, che è e resta una norma di civiltà nel nostro paese». Le nuove linee guida attendono un’ulteriore verifica da parte dell'Aifa.

Il parere degli esperti del Consiglio Superiore di Sanità indica anche che l'aborto farmacologico possa essere praticato fino a 63 giorni di gestazione superando la limitazione di 7 settimane in vigore ora, potrà essere somministrato sia in consultorio che in ambulatorio e la donna (alla quale prima dell'assunzione del farmaco dovrà essere spiegata la procedura e le possibili conseguenze) dopo mezz'ora potrà tornare a casa. Dopo due settimane è prevista la visita di controllo. Il parere consiglia anche di escludere dall'uso di questa pillola le donne molto ansiose, con una bassa soglia del dolore e che vivono in condizioni igieniche precarie. 

Non si sono fatte attendere le polemiche. Secondo Scienza & Vita, l'associazione di bioetica che fa riferimento alla Cei, le nuove linee guida «aggirano la legge 194». Alberto Gambino, presidente e Prorettore vicario dell'Università Europea di Roma, sottolinea: «Si aggira il fatto che l'interruzione della gravidanza vada eseguita in condizioni di sicurezza per la donna. Consentire che la pillola Ru486 sia somministrata in ospedale e poi la donna possa uscirne ed espellere l'embrione-feto in privato e in totale solitudine, con rischi di gravi e fatali emorragie, è un modo per ridurre la portata della norma».

«Si sottovaluta inoltre - conclude il professore - anche l'impatto sociale del dramma dell'interruzione della gravidanza, che con questa procedura lampo si vorrebbe rendere sostanzialmente una pratica "fai-da-te", ma che certamente non si attenua normalizzando l'aborto, i cui strascichi psicologici accompagnano la vita di chi lo ha praticato».  

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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