Sergio Zanotti libero, quei tre lunghi anni da ostaggio
A quasi tre anni dal suo rapimento e dopo che da due non si avevano più sue notizie, dal buco nero siriano riemerge sano e salvo l'italiano Sergio Zanotti, l'imprenditore sebino scomparso in circostanze finora rimaste avvolte dal mistero. A dare la notizia della liberazione, prima del suo rientro in serata a Ciampino, è stato direttamente il premier Giuseppe Conte, che ha parlato di un uomo «in buone condizioni».
Bisognerà ora aspettare il racconto in prima persona del 59enne bresciano, scomparso nell'aprile 2016 in Turchia e da lì precipitato nell'abisso della Siria in guerra, per definire i contorni di una vicenda fin dall'inizio piena di elementi oscuri. L'uomo sarà ascoltato già in mattinata dal pm Sergio Colaiocco, della Procura di Roma, che sul caso aveva aperto un fascicolo per sequestro di persona con finalità di terrorismo. All'epoca gli investigatori avevano parlato di un «sequestro anomalo»: senza richieste di riscatto e senza che si conoscesse l'identità dei rapitori. Che, per sua fortuna, non erano evidentemente quelli abituati a far finire i loro ostaggi con una tuta arancione davanti a una telecamera e con un coltello sul collo.
L'ultima volta si erano avute notizie dell'italiano a maggio del 2017. In un filmato diffuso dai rapitori, Zanotti appariva in ginocchio e ammanettato, in una stanza spoglia con due uomini in nero armati di fucile alle spalle. Era il secondo appello. L'imprenditore era già stato mostrato per la prima volta a novembre 2016: sempre in ginocchio ma in un campo di olivi, implorava un intervento del governo. Autore del video, un non meglio precisato «Abu Jihad», che si descriveva come un jihadista siriano e che minacciava di uccidere l'italiano.
Zanotti, nato a Marone il 23 febbraio del 1960, era partito per imprecisati motivi di lavoro il 13 aprile 2016 in direzione di Istanbul. Da lì si sarebbe dovuto spostare nella provincia di Hatay, al confine con la Siria. Terreno di caccia per bande di criminali e miliziani. Da allora non aveva più contattato nessuno in Italia, finché l'ex moglie
ne aveva denunciato la scomparsa. Tra le ipotesi, circolò anche quella che il viaggio servisse a trovare soldi per ripianare un debito. L'impresa edile di Zanotti era fallita e, in passato, l'uomo era stato condannato a un periodo di detenzione per evasione fiscale. Prima del viaggio, si era fatto prestare 5.500 euro dall'amico ed ex socio Marco Scalvinoni. Questi aveva raccontato che Zanotti era andato in Turchia per una fideiussione da ottenere tramite società finanziarie locali. Dalle parole di Scalvinoni, emergeva che entrambi avevano bisogno di soldi. In attesa di dipanare tutti i nodi di questa storia, resta ora il sollievo per il lieto fine.
«Un ulteriore successo delle nostre istituzioni e in particolare dell'Aise», ha esultato Conte. Un risultato, spiega, arrivato «a conclusione di una complessa e delicata attività di intelligence, investigativa e diplomatica». Anche l'Unità di Crisi, come sempre in questi casi, si era subito attivata in coordinamento con le agenzie di intelligence, il Ros dei Carabinieri e la magistratura. Tenendosi sempre in contatto con la famiglia, che ora potrà finalmente riabbracciare l'uomo, quando ormai ogni speranza sembrava persa. La prima a parlare è stata la sorella: «Sono felice ma non so niente di più. Adesso lo aspetto».
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