Italia e Estero

Roberto Benigni al Quirinale per celebrare il Dantedì

«Ho stima, ammirazione per lei - dice al Capo dello Stato - mi vergogno, vorrei abbracciarla, ma non si può» ha detto il premio Oscar
Roberto Binigni e Sergio Mattarella
Roberto Binigni e Sergio Mattarella
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«Dentro di me tutto danza, è un balletto, saluto gli italiani a casa, in questo momento con ancora più affetto e calore», dice Roberto Benigni introducendo, nel Salone dei Corazzieri al Quirinale, la lettura del XXV canto del Paradiso per celebrare il Dantedì, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del ministro della Cultura Dario Franceschini. 

 «Ho stima, ammirazione per lei - dice al Capo dello Stato - mi vergogno, vorrei abbracciarla ma non si può. Vorrei rendermi utile per lei: se ha bisogno di un corazziere, perché qualcuno è in ritardo o ha il raffreddore, ho già pronta l'uniforme. Oppure il cuoco, l'autista, il sarto, il barbiere: una volta l'ho vista in tv e non aveva il barbiere. Ecco, le faccio i capelli vestito da corazziere». 

«Il 25 marzo è la data in cui inizia il suo viaggio nei tre regni dell'oltretomba, l'avventura più bella della poesia di tutti i tempi. Dante ha scritto il Paradiso per condurre alla felicità gli uomini: il fine di questa sublime cantica è il compimento del desiderio infinito che abbiamo, ognuno di noi, di immedesimarci con la realtà divina».

C'è spazio per qualche spunto di satira politica nell'intervento di Benigni. «Dante - dice il premio Oscar alla presenza del presidente Mattarella - è stato un grande poeta e un grande politico. Era con i guelfi, tra i Priori e poi nel Consiglio dei 100. La politica non gli ha portato bene: lo hanno esiliato ingiustamente da Firenze e condannato, quindi è passato tra i ghibellini. Ma alla fine ha detto basta con la politica e ha fatto "parte per se stesso". Ha fondato il partito di Dante, il Pd, non ha vinto mai. Si sono scissi, c'erano troppe correnti: questo Pd sono 700 anni che non trova pace». 

 

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