Italia e Estero

Riforma costituzionale: come cambiano le autonomie

Dalla Costituzione spariscono le Province, mentre viene ridotto fortemente il ruolo delle Regioni
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Dopo quindici anni dalla riscrittura del titolo V della Costituzione, la riforma del governo Renzi torna a mettere mano alle autonomie

Si tratta di un processo iniziato già un paio di anni fa con la legge 56 Delrio del 2014 che ha di fatto depotenziato le Province trasformandole in enti di area vasta (come spiega il comma 4 dell’articolo 40). Ora con la modifica dell’articolo 114 viene tolto qualsiasi riferimento alle Province che scompaiono definitivamente dalla Carta come enti di funzioni amministrative proprie. Ma per quanto riguarda la riforma del Titolo V è indiscutibile che l’obiettivo è rivedere completamente gli ambiti di intervento legislativo delle Regioni. 

Nelle intenzioni del Governo questo dovrebbe ridurre l’impegno della Corte Costituzionale che negli ultimi 15 anni ha visto crescere vertiginosamente il suo lavoro su contrasti tra Stato e Regioni. 

Da parte loro i detrattori della riforma contestano che dal 2001 ad oggi la Consulta ha individuato una prassi alla luce delle sentenze sulle competenze concorrenti. In ogni caso, il ddl Boschi ha completamente riscritto l’articolo 117 rivedendo il riparto di competenza legislativa e regolamentare tra Stato e Regioni. 

La novità è la soppressione della competenza concorrente, ovvero la precedente possibilità di Stato e Regione di legiferare sullo stesso ambito. Si è definita una redistribuzione delle materie tra competenza legislativa statale e competenza regionale. Per far questo si fa ancora menzione della competenza esclusiva dello Stato per una serie di materie, mentre viene definita punto per punto la potestà legislativa delle Regioni. 

Unico passaggio ambiguo in questo comma dell’articolo 117 è quello in cui si specifica che alle Regioni spetta competenza legislativa in ogni materia non espressamente riservata alla competenza esclusiva dello Stato. Inoltre, la riforma introduce la cosiddetta «clausola di supremazia», in base alla quale la legge statale - su proposta del Governo - può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva, quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica.

Viene inoltre modificato l’articolo 116 della Costituzione, che disciplina il «regionalismo differenziato». In particolare, è ridefinito l’ambito delle materie nelle quali possono essere attribuite particolari forme di autonomia alle Regioni a statuto ordinario. Gli ambiti sono: la giustizia di pace, le disposizioni generali per le politiche sociali, le politiche attive del lavoro e all’istruzione e formazione professionale, il commercio con l’estero e il governo del territorio. Il tutto a patto che la Regione sia in condizione di equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio. 

L’attribuzione delle forme speciali di autonomia passa attraverso l’approvazione di una legge che deve avere il via libera di Camera e Senato.

La modifica dell’articolo 122 pone un tetto agli emolumenti dei componenti degli organi regionali. Con questa modifica gli stipendi del presidente e degli altri membri del consiglio regionale non possono superare l’importo di quelli spettanti ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione. In sostanza Roberto Maroni non potrà guadagnare più di Beppe Sala. 

Qui trovate la pagina completa del GdB dedicata alla riforma delle autonomie locali.

 

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