Italia e Estero

Referendum, gli scenari in Parlamento e alle elezioni

Se la riforma del taglio dei parlamentari verrà ratificata, l'Italia passerebbe dagli attuali 16 a 10 deputati per milione di abitanti
REFERENDUM: IL SI' E IL NO
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Se la riforma del taglio dei parlamentari verrà ratificata dal referendum del 20-21 settembre, l'Italia passerebbe dagli attuali 16 a 10 deputati per milione di abitanti: emerge da un rapporto dell'Istituto Cattaneo secondo cui una volta che la riforma sarà operativa, la proporzione tra elettori ed eletti nel nostro Paese sarebbe «un po’ meno che in Polonia (15), Francia (14), Spagna (14), Canada (13) se contiamo all'estero anche i "senatori" che non svolgono funzioni di rappresentanza popolare e che hanno un ruolo del tutto marginale nel processo legislativo». Se invece confrontiamo solo i parlamentari a tempo pieno e con pieni poteri legislativi, «l'Italia post-riforma si colloca in linea con questi altri paesi europei».

L'Istituto Cattaneo pubblica anche una simulazione di quel che succederà se passano sia la riforma costituzionale sia la riforma elettorale, basata sulla media delle intenzioni di voto nei sondaggi condotti nel mese di agosto. Il dato vede, in particolare, la Lega che resta, seppur in flessione, il primo partito con il 25,8% dei consensi, seguita dal Pd con il 20,3% e dal M5S bloccato al 15,8%. Il consenso per Fratelli d'Italia continua a crescere (oggi al 14,8%), mentre si conferma in calo Forza Italia, al 6,5%. Infine, gli altri partiti presi in considerazione si aggirano tutti attorno alla soglia «critica» del 3% (Azione: 3,1%; Italia viva: 3%; Leu + La sinistra: 3%), con l'unica eccezione di +Europa che non supera l'1,5%. 

Sia con una soglia fissata al 5%, come previsto dal progetto Brescia, sia con una soglia al 3%, i partiti di centrodestra avrebbero una risicata maggioranza di seggi alla Camera e al Senato (tra il 51% e il 55%). In tutti i casi, nella costruzione della maggioranza risulterebbe determinante Forza Italia che, pur indebolendosi sia in termini di voti che di seggi rispetto alle elezioni del 2018, potrebbe controllare una quota di parlamentari decisiva per la formazione di un governo di centrodestra. E questo varrebbe sia alla Camera che al Senato. 

Se la soglia di sbarramento venisse abbassata dal 5% al 3%, si assisterebbe all'aumento della frammentazione parlamentare perché accederebbero alla ripartizione dei seggi anche Italia viva di Matteo Renzi, Azione di Carlo Calenda e la lista di sinistra (Leu+La sinistra). «La possibile coalizione formata attorno al Partito democratico e al M5Sdiventerebbe al tempo stesso potenzialmente più larga e più fragile. Alla Camera si creerebbe quindi una situazione di stallo, con una sostanziale simmetria di forze tra centrodestra e centrosinistra giallorosso. Al Senato, invece, continuerebbe a prevalere, sebbene in misura ancora più risicata, il centrodestra. Ma se i tre partiti scoprissero dopo le elezioni di aver fatto una scommessa sbagliata, di essersi fidati troppo dei sondaggi, e rimanessero anche di poco sotto la soglia del 3%, questo si rivelerebbe lo scenario peggiore per il centrosinistra e ovviamente migliore per il centrodestra».

 

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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