Ponte Morandi, venti indagati tra Autostrade e Ministero
I vertici di Autostrade e del ministero dei Trasporti sapevano dei rischi del viadotto Polcevera sulla A10. E sapeva anche chi eseguì il progetto di «retrofitting», il rinforzo delle pile 9 e 10 del ponte Morandi.
C’è un primo passo importante nell’inchiesta per il crollo che il 14 agosto ha spezzato la vita di 43 persone. La procura ha iscritto nel registro degli indagati 20 persone, oltre alla società Autostrade per responsabilità amministrativa. Le accuse sono disastro colposo, omicidio colposo stradale plurimo e omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche.
L’accelerazione è arrivata negli ultimi giorni dopo che la Guardia di finanza, ha depositato la lista di persone che hanno avuto un ruolo nella manutenzione del viadotto. Nell’elenco, tra gli altri, i nomi del presidente di Autostrade Cerchiai e dell’Ad Castellucci. E, ancora, il direttore operativo centrale Berti, quello delle manutenzioni Donferri Mitelli, il direttore del Primo Tronco Marigliani, il responsabile del progetto di retrofitting Strazzullo, Mario Bergamo ex direttore delle manutenzioni di Autostrade che per primo nel 2015 disse che era necessario intervenire sul Morandi, Riccardo Rigacci e Federico Zanzarsi, dirigenti del primo tronco. Per il Mit figurano nell’elenco il direttore della direzione generale per la vigilanza Cinelli e Coletta, ex direttore prima di Cinelli e i funzionari Giovanni Proietti e Bruno Santoro; il capo ufficio ispettivo territoriale Carmine Testa, il provveditore delle Opere pubbliche di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta Roberto Ferrazza e i dirigenti del provveditorato Pentimalli e Bonaccorso. Gli ingegneri della Spea Engineering, la controllata del gruppo Atlantia, che realizzò il progetto di rinforzo, Giacobbi, Bazzarelli e De Angelis.
I segnali delle pessime condizioni del ponte erano arrivati già nel 2014/2015. Una serie di studi preliminari interni segnalano che le pile 9 e 10 non sono «in forma». Autostrade commissiona allora uno studio al Cesi e nel 2017 al politecnico di Milano. In entrambe le relazioni si parla della necessità di monitorare la struttura, viene suggerito anche di progettare un sistema di sensori che «vegliano» giorno e notte sul Morandi. Solo a fine 2017 viene presentato il progetto al Mit, a febbraio 2018 il comitato tecnico dà l’ok anche se rileva come i tiranti siano corrosi del 20% e il metodo usato ha un margine di errore dell’80%. Nonostante questi rilievi il progetto viene inviato al Mit, senza prescrizione su un’eventuale chiusura al traffico o alleggerimento. Al ministero passano però mesi prima di dare il via libera (giugno 2018) e solo dopo cinque lettere di Donferri Mitelli nelle quali sottolineava l’urgenza dei lavori per «aumentare la sicurezza del ponte». A breve la procura chiederà l’incidente probatorio. E l’elenco potrebbe allungarsi.
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