Italia e Estero

«Parigi? Come prima, ma ci chiediamo quando accadrà di nuovo»

Carolina Frusca, giovane bresciana che vive a Parigi, ripercorre gli istanti di un anno fa e racconta cosa è cambiato in questo anno
PARIGI UN ANNO DOPO
AA

«Avevo un appuntamento proprio vicino al Bataclan con una amica. Ho rischiato di trovarmi in mezzo a uno degli attacchi. Invece all’ultimo ho deciso di lavorare fino a tardi…». Con queste parole Carolina Frusca, giovane bresciana da tre anni per studio a Parigi, raccontava il 14 novembre 2015 le ore drammatiche vissute la sera precedente. Ad un anno esatto dalla strage, l’eco profonda degli attentati non si è sopita. A Brescia per qualche giorno, Carolina in queste ore ripercorre con la mente quanto provato subito dopo quella sequenza di attentati.

«Il ricordo più netto? Quello di uno scorcio della strada del Bataclan deserta all’indomani dell’attentato. C’era solo qualche fotografo. Poi vidi un cestino della spazzatura divelto. E a terra due paia di scarpe, un paio da adulto e uno da bimbo, squarciate e abbandonate sull’asfalto».

  • Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
    Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
  • Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
    Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
  • Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
    Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
  • Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
    Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
  • Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
    Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
  • Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
    Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
  • Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
    Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
  • Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
    Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
  • Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
    Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
  • Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
    Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
  • Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi
    Carolina Frusca, la sua testimonianza un anno dopo gli attentati di Parigi

Carolina ripercorre anche la sensazione di quegli istanti, scolpita nella sua mente: «Istintivamente fui raggelata dal pensiero che il mio ragazzo potesse essere morto: viveva a due sole vie dal luogo di uno degli attacchi terroristici. Fu una sensazione irrazionale e improvvisa», che col senno di poi Carolina stessa trova paradossale, visto che aveva già certezza che la persona per cui temeva non era là, ma addirittura all’estero. D’altro canto, è proprio con questa violenza che il terrorismo cerca di minare la serenità e instillare la paura. Uno scacco cui pare i francesi non abbiano intenzione di piegarsi. La vita dei parigini, infatti, pare non essere stata stravolta neppure da vicende tanto cruente.

«Non ritengo sia cambiata. D’altro canto non va dimenticato che per loro non si trattava del primo attentato del 2015, prima era venuto l’assalto a Charlie Hebdo che forse aveva scosso ancor più le coscienze dei francesi. I parigini continuano a uscire, a vivere. Certo non dimenticano quegli eventi terribili».

E proprio oggi, a Parigi, dallo Stade de France al Bataclan sono state commemorate le 130 vittime degli attacchi di un anno fa. Tra i messaggi che si levano, lanciato da una delle vittime, anche quello secondo cui il terrorismo si vince sì con l’intelligence, ma soprattutto con l’integrazione. Una via possibile?

«Io dico di sì. I francesi – i miei coetanei, le persone che conosco – non sono affatto razzisti. Anzi, molti sono aperti all’integrazione e non solo verso di me, che comunque sono per loro una straniera. Quindi, ritengo sia una via percorribile. Certo non bisogna lasciarsi vincere dall’odio, o dare spazio a partiti xenofobi, se no è finita».

Certo resta un fatto, conferma Carolina che a Parigi confida di restare almeno altri due anni. «Sempre più spesso, quando si parla, ci si chiede quando arriverà il terzo attentato».

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato