Papa Francesco: «Combattiamo il virus dell'individualismo»
Le scoperte dei vaccini sono «luci di speranza se sono a disposizione di tutti». Lo ha detto il Papa nella benedizione Urbi et Orbi del giorno di Natale, chiedendo di evitare che «le leggi di mercato e dei brevetti siano sopra le leggi della salute e dell'umanità».
In un appello rivolto ai governanti dei Paesi di tutto il mondo, Bergoglio ha chiesto di somministrare le dosi «prima ai poveri e ai bisognosi». «Non possiamo lasciare che i nazionalismi chiusi e il virus dell'individualismo ci impediscano di vivere come la famiglia che siamo», ha sottolineado il Pontefice. «Non posso mettere me stesso davanti agli altri. Prego tutti di promuovere la cooperazione e non la concorrenza».
Il Papa ha inoltrato il suo messaggio natalizio dall'Aula della Benedizione e non, come da tradizione, affacciato dalla Loggia sulla piazza, vuota per evitare assembramenti. L'Aula della Benedizione è collocata sopra il Portico della basilica di San Pietro. Completata tra il 1611 e il 1612, l'Aula è stata restituita alla sua originaria bellezza giusto un anno fa dopo una lunga e complessa opera di restauro, in particolare degli stucchi, durata diversi anni. Le emittenti tv collegate per il Messaggio di Natale del Papa sono state circa 150, oltre allo streaming sui vari canali social.
Il Papa ha invitato a pensare che «il dolore e il male non sono l'ultima parola. Rassegnarsi alle violenze e alle ingiustizie vorrebbe dire rifiutare la gioia e la speranza del Natale. In questo giorno di festa rivolgo un pensiero particolare a quanti non si lasciano sopraffare dalle circostanze avverse, ma si adoperano per portare speranza, conforto e aiuto, soccorrendo chi soffre e accompagnando chi è solo. Il mio pensiero va alle famiglie: a quelle che oggi non possono ricongiungersi, come pure a quelle che sono costrette a stare in casa».
Papa Francesco ha poi rivolto il suo pensiero alle aree maggiormente in crisi nel pianeta, in particolare «ai troppi bambini che in tutto il mondo, specialmente in Siria, in Iraq e nello Yemen, pagano ancora l'alto prezzo della guerra. I loro volti scuotano le coscienze degli uomini di buona volontà, affinché siano affrontate le cause dei conflitti e ci si adoperi con coraggio per costruire un futuro di pace». Il Pontefice ha auspicato che possa essere «questo il tempo propizio per stemperare le tensioni in tutto il Medio Oriente e nel Mediterraneo orientale».
Cita «l'amato popolo siriano, che da ormai un decennio è stremato dalla guerra e dalle sue conseguenze, ulteriormente aggravate dalla pandemia». Poi il pensiero ai Rohingya e al «popolo iracheno e a tutti coloro che sono impegnati nel cammino della riconciliazione, in particolare agli Yazidi, duramente colpiti dagli ultimi anni di guerra».
«In questo momento storico, segnato dalla crisi ecologica e da gravi squilibri economici e sociali, aggravati dalla pandemia del coronavirus, abbiamo più che mai bisogno di fraternità», ha proseguito Bergoglio. «Non una fraternità fatta di belle parole, di ideali astratti, di vaghi sentimenti, ma basata sull'amore reale, capace di incontrare l'altro diverso da me, di compatire le sue sofferenze».
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