Omicidio Gozzoli, la famiglia 'non vendetta, ma giustizia'
BOLOGNA, 17 DIC - Venerdì a Modena ci sarà la prima sentenza sull'omicidio di Alessandro Gozzoli, trovato morto nella sua casa di Casinalbo di Formigine il 10 marzo 2023 e per la prima volta i familiari parlano, chiedendo "giustizia". Il 41enne morì per asfissia meccanica acuta per un'azione così violenta che gli provocò la rottura della trachea, dopo essere stato legato e le indagini hanno ricostruito come a compiere il delitto, a scopo di rapina, sarebbero stati due giovani romeni, poi rintracciati e arrestati all'estero. Il 20 dicembre si conclude l'abbreviato per uno dei due. "Un momento - dice all'ANSA la sorella della vittima, Simona Gozzoli, insieme ai genitori - che io e la mia famiglia attendiamo con ansia e speranza. Non c'è stato un solo istante in cui i due colpevoli abbiano manifestato dispiacimento o anche solo vicinanza umana ad Alessandro e a noi. Lo hanno ucciso con inaudita violenza, abbandonato e derubato e hanno cercato di colpevolizzare lo stesso Alessandro della sua morte: quasi fosse lui sotto processo per essere morto e non loro per averlo ucciso". Per il secondo imputato è in corso il dibattimento in assise. I familiari, assistiti dall'avvocato Rita Nanetti, ricordano come le indagini siano state lunghe e complesse, vista la fuga all'estero e "anche per questo non abbiamo mai rilasciato dichiarazioni ai giornali: temevamo in qualche modo di poter recare un danno agli inquirenti. Poi finalmente abbiamo saputo che tutti e due gli assassini erano stati arrestati e abbiamo pensato che giustizia era stata fatta. Ma era solo il primo passo. Ora è passato più di un anno, ma il dolore è ancora vivo e profondo, un vuoto che nessuno potrà mai colmare". "Quello che ci aspettiamo dai processi - proseguono i familiari - è che emerga tutta la verità. Non chiediamo vendetta, ma giustizia. Alessandro merita giustizia. Merita che chi gli ha tolto la vita con tanta crudeltà risponda delle proprie azioni. Noi abbiamo perso un fratello, un figlio, un amico. Le sentenze non potranno mai riportarlo indietro, ma possono restituirci un po' di fiducia nel fatto che il sistema funzioni, che il male non resti impunito e la stessa sorte non capiti ad altri. La verità è un diritto, e la giustizia è un dovere. Per Alessandro, per noi che continuiamo a vivere con questa ferita aperta, e per tutte le vittime che chiedono di essere ascoltate".
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato