Italia e Estero

Ndrangheta, traffico di rifiuti speciali da Brescia alla Calabria

Nella maxi inchiesta coordinata dalla Dda calabrese, 29 persone nei guai: tra loro un imprenditore della Bassa Bresciana
  • Ndrangheta, smascherato traffico di rifiuti speciali
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Tocca anche Brescia l'inchiesta calabrese che ruota attorno ad un sistema di smaltimento illecito di rifiuti speciali, anche pericolosi, che venivano interrati nel suolo, anche sotto terreni agricoli alcuni dei quali sono risultati gravemente contaminati da sostanze altamente nocive, con valori che in alcuni casi sono arrivati al 6.000% sopra il limite tollerato. Una circostanza che rende concreto il pericolo di contaminazione anche della falda acquifera sottostante, ma che - è bene chiarirlo - a quanto accertato sinora riguarderebbe esclusivamente aree insistenti nella sola Calabria.

È quanto emerso nel corso delle indagini «Mala pigna» dei Carabinieri Forestali coordinate dalla Dda di Reggio Calabria che ha portato all'arresto di 19 persone - 10 ai domiciliari - all'obbligo di dimora per altri 9 indagati e un obbligo di presentazione.

Il blitz dei militari ha colpito in particolare la cosca Piromalli ed è scattato stamattina all'alba in provincia di Reggio Calabria, e in quelle di Catanzaro, Cosenza, Ravenna, Monza-Brianza e appunto Brescia. I Carabinieri Forestali hanno eseguito anche un decreto di sequestro preventivo per cinque società operanti nel settore dei rifiuti. I reati contestati a vario titolo sono associazione di tipo mafioso, disastro ambientale, traffico illecito di rifiuti, intestazione fittizia di beni, estorsione, ricettazione, peculato, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, violazione dei sigilli e danneggiamento aggravato.

Il coinvolgimento bresciano riguarda in particolare un'azienda della Bassa: il titolare, calabrese ma residente nell'Ovest del Bresciano, si sarebbe occupato di trasferire illecitamente con il suo camion per decine di volte tra il 2017 e il 2018 rifiuti speciali dalla nostra provincia ad una delle società del reggino che smaltivano gli stessi interrandoli. L'imprenditore, un 60enne, è ora sottoposto all'obbligo di dimora.

Secondo la ricostruzione degli investigatori, autocarri aziendali partivano dalla sede di una società con il cassone carico di rifiuti speciali, spesso riconducibili a «Car Fluff» (rifiuto di scarto proveniente dal processo di demolizione delle autovetture) e giungevano in terreni agricoli posti a pochi metri di distanza, interrando copiosi quantitativi di rifiuti, anche a profondità significative. Gli accertamenti eseguiti hanno portato alla scoperta anche dell'interramento di altri materiali, quali fanghi provenienti presumibilmente dall'industria meccanica pesante e siderurgica.

Dietro lo smaltimento illecito dei rifiuti, secondo l'accusa, vi sarebbe stata la famiglia di Rocco Delfino, ritenuto il «tutore degli interessi della cosca Piromalli», che avrebbe utilizzato allo scopo alcune sue aziende operanti nel settore dello smaltimento avrebbe promosso un'associazione volta al traffico illecito di rifiuti mediante la gestione di aziende,
come la «Mc Metalli srl» e la «Cm Servicemetalli srl», fittiziamente intestate a soggetti terzi ma riconducibili, per l'accusa, alla diretta influenza e al dominio della sua famiglia.

L'indagine, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall'aggiunto Gaetano Paci e dai pm Gianluca Gelso, Paola D'Ambrosio e Giorgio Panucci, è partita da un sopralluogo eseguito a Gioia Tauro nella sede della società «Ecoservizi Srl», ditta di trattamento di rifiuti speciali di natura metallica e gestita dalla famiglia Delfino, da decenni attiva nel settore. I primi riscontri hanno evidenziato che la società, nonostante fosse oggetto dei provvedimenti di sospensione dell'autorizzazione al trattamento dei rifiuti e di
cancellazione dall'Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, era diventata il fulcro di un'attività organizzata per il traffico di rifiuti speciali di natura metallica, con base operativa a
Gioia Tauro e con marcate proiezioni sul territorio nazionale ed internazionale.

Obiettivo di Rocco Delfino, per anni socio e procuratore speciale della società, era quello di servirsi dell'immagine e del nome di società apparentemente «pulite», avente le carte in regola per poter ottenere le autorizzazioni necessarie alla gestione del settore.

Tra le pieghe dell'inchiesta, anche una società confiscata dal 2007 e nonostante questo ancora utilizzata per schermare le attività illecite nello smaltimento dei rifiuti.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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