Mattarella nel discorso di fine anno: «Serve una cultura della pace»
Il nono discorso di fine anno per Sergio Mattarella, il 75esimo per un presidente della Repubblica italiana, è iniziato alle 20.30 in diretta televisiva con le immagini del Quirinale riprese dal drone sulle note dell’Inno d’Italia.
In piedi nella Sala Tofanelli, il presidente della Repubblica si è rivolto agli spettatori «Care concittadine e cari concittadini» per fare un bilancio del 2023 e augurare un buon inizio del 2024.
Guerre e pace
Il primo pensiero del Capo dello Stato è andato alla fase storica attuale, colpita da due guerre, con l’Ucraina aggredita dalla Russia e in Medio Oriente dove i terroristi di Hamas hanno colpito Israele che a sua volta ha reagito colpendo Gaza.
«Non possiamo distogliere il pensiero da quanto avviene intorno a noi. Nella nostra Italia, nel mondo. Sappiamo di trovarci in una stagione che presenta tanti motivi di allarme. E, insieme, nuove opportunità. Avvertiamo angoscia per la violenza cui, sovente, assistiamo: tra gli Stati, nella società, nelle strade, nelle scene di vita quotidiana». C'è angoscia per la violenza, «anzitutto, la violenza delle guerre. Di quelle in corso; e di quelle evocate e minacciate. Le devastazioni che vediamo nell'Ucraina, invasa dalla Russia, per sottometterla e annetterla» ha detto Mattarella, richiamando anche «l’orribile ferocia terroristica del 7 ottobre scorso di Hamas contro centinaia di inermi bambini, donne, uomini, anziani d'Israele. Ignobile oltre ogni termine, nella sua disumanità». Ma la reazione del governo israeliano, «con un'azione militare che provoca anche migliaia di vittime civili, costringe, a Gaza, moltitudini di persone ad abbandonare le proprie case, respinti da tutti».
La condanna della violenza è quindi univoca: «La guerra - ogni guerra - genera odio. E l'odio durerà, moltiplicato, per molto tempo, dopo la fine dei conflitti» ha detto il presidente della Repubblica. E tutto questo, ha ricordato Mattarella, «accade vicino a noi. Nel cuore dell'Europa. Sulle rive del Mediterraneo. Macerie, non solo fisiche. Che pesano sul nostro presente. E graveranno sul futuro delle nuove generazioni. Di fronte alle quali si presentano oggi, e nel loro possibile avvenire, brutalità che pensavamo, ormai, scomparse; oltre che condannate dalla storia».
Per queste ragioni, per il fatto che «la guerra non nasce da sola», «è indispensabile - ha detto Mattarella - fare spazio alla cultura della pace. Parlare di pace, oggi, non è astratto buonismo. Al contrario, è il più urgente e concreto esercizio di realismo, se si vuole cercare una via d'uscita a una crisi che può essere devastante per il futuro dell'umanità». Occorre però, ha ricordato il capo dello Stato, un impegno dei governi, a partire da quelli che hanno scatenato i conflitti.
Giovani e violenza di genere
Poi il presidente della Repubblica si è rivolto direttamente ai giovani. «Cari ragazzi, ve lo dico con parole semplici: l'amore non è egoismo, possesso, dominio, malinteso orgoglio. L'amore - quello vero - è ben più che rispetto: è dono, gratuità, sensibilità». Mattarella ha quindi parlato di nuovo di violenza, a partire da quella «più odiosa, sulle donne».
Il presidente ha sottolineato il disorientamento dei giovani davanti a un mondo che «disconosce le loro attese. Debole nel contrastare una crisi ambientale sempre più minacciosa. Incapace di unirsi nel nome di uno sviluppo globale». Eppure è proprio questo momento complesso, e la società che ne nasce, che avrebbe più bisogno proprio di loro, dei giovani, «delle loro speranze. Della loro capacità di cogliere il nuovo».
Sociale e lavoro
Quindi le questioni sociali, a partire dalla sanità pubblica - «le difficoltà che si incontrano nel diritto alle cure sanitarie per tutti, con liste d'attesa per visite ed esami, in tempi inaccettabilmente lunghi» - fino al lavoro, «che manca. Quello sottopagato. Quello, sovente, non in linea con le proprie aspettative e con gli studi seguiti. Il lavoro, a condizioni inique, e di scarsa sicurezza. Con tante, inammissibili, vittime».
Libertà, Costituzione e diritti
Il messaggio del presidente della Repubblica ha insistito sul concetto di libertà. «Perché la democrazia è fatta di esercizio di libertà. Libertà che, quanti esercitano pubbliche funzioni - a tutti i livelli -, sono chiamati a garantire. Libertà indipendente da abusivi controlli di chi, gestori di intelligenza artificiale o di potere, possa pretendere di orientare il pubblico sentimento. Non dobbiamo farci vincere dalla rassegnazione. O dall’indifferenza».
E poi il discorso si è soffermato sulla Costituzione. «Quando la nostra Costituzione parla di diritti, usa il verbo 'riconoscere'. Significa che i diritti umani sono nati prima dello Stato. Ma, anche, che una democrazia si nutre, prima di tutto, della capacità di ascoltare» ha detto Mattarella, sottolineando che «occorre coraggio per ascoltare. E vedere - senza filtri - situazioni spesso ignorate; che ci pongono di fronte a una realtà a volte difficile da accettare e affrontare». Tra queste «quella di tante persone che vivono una condizione di estrema vulnerabilità e fragilità; rimasti isolati. In una società pervasa da quella 'cultura dello scarto' ».
Affermare i diritti significa quindi, ha proseguito Mattarella, prestare attenzione alle esigenze degli studenti, «che vanno aiutati a realizzarsi. Il cui diritto allo studio incontra, nei fatti, ostacoli. A cominciare dai costi di alloggio nelle grandi città universitarie; improponibili per la maggior parte delle famiglie, «Significa rendere effettiva la parità tra donne e uomini: nella società, nel lavoro, nel carico delle responsabilità familiari», e anche «non volgere lo sguardo altrove di fronte ai migranti».
L'intelligenza artificiale
Il passaggio finale del discorso ha toccato l’intelligenza artificiale, con il cambiamento «inarrestabile» che sta generando nella società. Pertanto, dal momento che le nuove tecnologie sono destinate a modificare le nostre abitudini a tutto campo, ha insistito il presidente della Repubblica, «dobbiamo fare in modo che la rivoluzione che stiamo vivendo resti umana. Cioè, iscritta dentro quella tradizione di civiltà che vede, nella persona - e nella sua dignità - il pilastro irrinunziabile».
Voto e partecipazione
In calce, l’esortazione al voto. «Viviamo un passaggio epocale. Possiamo dare tutti qualcosa alla nostra Italia. Qualcosa di importante. Con i nostri valori. Con la solidarietà di cui siamo capaci. Con la partecipazione attiva alla vita civile. A partire dall'esercizio del diritto di voto. Per definire la strada da percorrere, è il voto libero che decide. Non rispondere a un sondaggio, o stare sui social». E questo perché, ha detto Mattarella, «la democrazia è fatta di esercizio di libertà. Libertà che, quanti esercitano pubbliche funzioni - a tutti i livelli - sono chiamati a garantire. Libertà indipendente da abusivi controlli di chi, gestori di intelligenza artificiale o di potere, possa pretendere di orientare il pubblico sentimento».
La chiusura del discorso è un invito a partecipare alla società civile: «Non dobbiamo farci vincere dalla rassegnazione. O dall'indifferenza. Non dobbiamo chiuderci in noi stessi per timore che le impetuose novità che abbiamo davanti portino soltanto pericoli. Prima che un dovere, partecipare alla vita e alle scelte della comunità è un diritto di libertà. Anche un diritto al futuro. Alla costruzione del futuro. Partecipare significa farsi carico della propria comunità. Ciascuno per la sua parte». Fare la propria parte per il Paese «significa contribuire, anche fiscalmente. L'evasione riduce, in grande misura, le risorse per la comune sicurezza sociale. E ritarda la rimozione del debito pubblico; che ostacola il nostro sviluppo. Contribuire alla vita e al progresso della Repubblica, della Patria, non può che suscitare orgoglio negli italiani».
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