Italia e Estero

L'ultima giornata del Conte-bis

Nelle prossime ore si apriranno le consultazioni. In serata si è costituto il gruppo dei responsabili «Europeisti Maie Centro Democratico»
Giuseppe Conte - Foto Ansa/Filippo Attili © www.giornaledibrescia.it
Giuseppe Conte - Foto Ansa/Filippo Attili © www.giornaledibrescia.it
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Si è costituito, di fatto, il gruppo dei responsabili al Senato. A quanto si apprende da fonti parlamentari in serata è stato raggiunto il numero base di dieci senatori. Il gruppo si chiama «Europeisti Maie Centro Democratico» e, a quanto si apprende dalle stessi fonti, domani si costituirà anche alla Camera.

La nascita ormai ufficiale del gruppo «Europeisti» dà una certa linfa politica all'operazione volenterosi ma, al momento, almeno a Palazzo Madama, a livello numerico è a saldo zero. Al Senato, infatti, i dieci membri del gruppo hanno tutti votato la fiducia alle comunicazioni del premier Giuseppe Conte la scorsa settimana. Del gruppo, in realtà, non fa parte Sandra Lonardo che secondo alcune fonti parlamentari sarebbe comunque in dirittura d'arrivo.

In ogni caso, anche con il gruppo degli Europeisti, la soglia pro-Conte resta lontana di alcune unità da quota 161, numero peraltro che, per buona parte della maggioranza non giustificherebbe un Conte-ter perché considerato «non solido». Resta da vedere se, da qui alle prossime ore, la nascita di «Europeisti-Maie-Centro Democratico» non faccia da calamita a nuovi «volenterosi», rendendo così numericamente marginale Italia Viva.

In serata Giuseppe Conte ha lanciato su Facebook l’ultima chiamata ai responsabili. Ma anche a Matteo Renzi: a lui sembra tirare «l'amo» della riforma costituzionale con la sfiducia costruttiva. In una prospettiva di legislatura, il premier apre a tutti coloro che ci stanno.

Con un'apertura che prova a rimettere insieme e motivare una maggioranza che in Consiglio dei ministri e nelle segreterie dei partiti si mostra ancora compatta, ma che in Parlamento inizia a mostrare tentennamenti sul nome del presidente del Consiglio.

E con una postilla «istituzionale», sull'augurio che l'Italia rialzi la testa «al di là di chi la guiderà», che le fonti parlamentari più maliziose leggono già come una disponibilità a un passo di lato.

La strada del reincarico, nel giorno delle dimissioni, appare in salita. Lo si avverte nel pessimismo che serpeggia tra i ministri e nei gruppi di maggioranza, tra le cui fila nomi diversi da Conte circolano anche come antidoto alla paura delle urne.

A dar corpo ai timori è l'atteggiamento critico con cui la delegazione di Italia viva si presenta al Quirinale. Le carte restano coperte, come del resto quelle di tutti i giocatori della partita per il nuovo governo. Ma la critica di Renzi a Conte, nelle aule parlamentari e in tv, è stata così distruttiva che gli (ex) alleati non mostrano dubbi sul fatto che il senatore di Rignano, se potesse, al Quirinale indicherebbe il nome di un altro premier. Lui per ora inverte l'onere della prova e sfida Conte a mostrare di potersi riprendere Iv in maggioranza. La condizione è «cambiare nel metodo e nel merito». Come a dire: un ruolo di Conte ridimensionato rispetto ai partiti della sua maggioranza e pari peso di Iv.

Il Quirinale - Foto Ansa/Ettore Ferrari © www.giornaledibrescia.it
Il Quirinale - Foto Ansa/Ettore Ferrari © www.giornaledibrescia.it

Se Mattarella darà al premier uscente un reincarico, si aprirà per il premier una partita assai difficile, sul programma e sulla squadra. A Palazzo Chigi si lavora fino all'ultimo, in asse con i pontieri di Pd e M5s, per allargare e sminare. L'obiettivo, finora mancato, è rendere Renzi non indispensabile al Senato.

Nei corridoi parlamentari si ragiona però già del piano B, se al Quirinale una maggioranza così chiara per Conte non dovesse emergere.

Il primo passo, secondo i rumors, sarebbe tentare la via di un nome M5s: si citano Stefano Patuanelli (super-contiano, in chiave alleanza col Pd), Roberto Fico (figura istituzionale, lascerebbe il posto a una personalità come Dario Franceschini), Luigi Di Maio (che da tempo viene citato come prima scelta di Renzi ma a più riprese ha smentito). Far uscire nomi ora è un modo per bruciali, dicono da Iv. Mentre dal M5s assicurano che la linea è unitaria sul nome di Giuseppe Conte. Ma nei gruppi pentastellati - già profondamente divisi sul ritorno di Renzi - sembra prendere corpo il fronte di chi non intende «consegnarsi» a Conte, anche in prospettiva futura.

Luigi Di Maio con Giuseppe Conte - Foto Ansa/Maurizio Brambatti © www.giornaledibrescia.it
Luigi Di Maio con Giuseppe Conte - Foto Ansa/Maurizio Brambatti © www.giornaledibrescia.it

Anche dal Pd liquidano come voci infondate le ipotesi che si fanno su nomi come Dario Franceschini, Lorenzo Guerini, Roberto Gualtieri. «Non siamo noi a dare le carte - taglia corto una fonte Dem - in Parlamento i nostri gruppi valgono meno del 15% alla Camera e al Senato».

Ma intanto la prospettiva «europea» fa tirare in ballo anche nomi finora fuori dalla mischia come David Sassoli o Paolo Gentiloni. I nomi di Marta Cartabia, Carlo Cottarelli o Luciana Lamorgese si fanno in una prospettiva elettorale, se le consultazioni dovessero fallire. E poi c'è chi cerca di immaginare un premier costruito su misura di una maggioranza Ursula, che includa anche Forza Italia e qui tornano i nomi dei «dialoganti» Franceschini e Guerini. Ma sono temi del dopo, come anche il totonomi di un Conte ter con dentro anche Renzi ministro.

Il primo giro di consultazioni si farà sull'ipotesi del «ter»: le delegazioni Pd, M5s e Leu faranno sicuramente il suo nome. Se fallisse, si aprirebbe la partita per un premier o una maggioranza alternativa. O, dice un sottosegretario Dem, più probabilmente la via delle urne, con Conte leader di un'alleanza contrapposta a quella di Salvini e Renzi ai margini. 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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