Lombardia, modifica alla legge elettorale: il presidente stabilirà la data del voto
Via libera in Consiglio regionale della Lombardia alle modifiche alla legge elettorale regionale che affidano al presidente della Regione in carica (ora Attilio Fontana), e non più al prefetto, la firma dell'atto di indizione delle elezioni regionali. La modifica è stata approvata con 43 voti a favore e 24 contrari, e sono stati respinti tutti gli emendamenti e gli ordini del giorno presentati da diversi esponenti dei gruppi di minoranza.
La legge stabilisce che il presidente della Regione può indire le elezioni non prima dei 30 giorni precedenti la fine naturale della legislatura e non oltre i 60 giorni successivi o nella domenica compresa nei sei giorni ulteriori: per la Lombardia il range temporale è compreso tra domenica 5 febbraio e domenica 7 maggio 2023.
Resta competenza del Ministero dell'Interno stabilire una data differente da quella indicata dal governatore a fronte di possibili accorpamenti con altre elezioni. Rimangono invariate le modalità per l'assegnazione dei seggi consiliari, ripartiti alle singole circoscrizioni elettorali in proporzione alla popolazione.
Le critiche
Protestano le opposizioni: è «uno schiaffo ai cittadini che dimostra scarso rispetto dell'istituzione, un atto di arroganza di Fontana e del centrodestra» che lo ha fatto «per un mero interesse di parte, senza aprire alcuna discussione con la minoranza per condividere un percorso di revisione delle regole del gioco» commenta in una nota il capogruppo del Pd in Regione, Fabio Pizzul. Si tratta, per il consigliere Dem, della «ennesima forzatura nel metodo ancora più che nel merito, dettata dal timore di non avere più il consenso dei lombardi».
Interviene anche il consigliere del Movimento Cinque Stelle, Marco Fumagalli: «Fontana metta subito fine a questa disastrosa esperienza di governo regionale e permetta i lombardi di votare il prima possibile». Ed è polemica per l'assenza in aula del governatore nelle giornate del dibattito: «Anche Fontana deve essersi vergognato di questa decisione tant'è che ha deciso di non presentarsi, fregandosene». Per Fumagalli è stata una «scelta vergognosa che piega, ancora una volta, l'istituzione regionale agli interessi della Lega, come avvenuto con il referendum di Salvini».
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