Italia e Estero

Lo scontro sugli assistenti civici e l'attesa per il 3 giugno

Emergenza Covid: Palazzo Chigi dà il via libera alla proposta del ministro Boccia, specificando che i volontari «non avranno compiti di polizia»
Il ministro Boccia al Tg1
Il ministro Boccia al Tg1
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La proposta di Francesco Boccia ai presidenti di Regione il 29 aprile non aveva fatto tanto rumore, ma allora gli italiani stavano a casa e non si era tornati alla movida che turba i sonni di molti nella Fase 2. Adesso invece il bando per reclutare 60mila assistenti civici diventa il caso di giornata, criticato da maggioranza e opposizione.

Il ministro Pd degli Affari regionali, appoggiato dal presidente dell'Associazione Comuni (Anci) Antonio Decaro, pensa ai volontari per aiutare chi non ce la fa da solo, come nella fase dell'emergenza più dura, ma anche per far rispettare il distanziamento sociale, l'uso delle mascherine e il divieto di assembramento. Ipotesi queste ultime di cui al Viminale nulla sapevano, tanto che dal ministero fanno sapere di non essere stati informati preventivamente. Un corto circuito che spinge il premier Giuseppe Conte a convocare un vertice con Boccia e le ministre Luciana Lamorgese (Interni) e Nunzia Catalfo (Lavoro).

«I Ministri interessati al progetto proseguiranno nelle prossime ore nel mettere a punto i dettagli di questa iniziativa - dicono al termine fonti di Palazzo Chigi -, che mira, per il tramite della Protezione civile, a soddisfare la richiesta di Anci di potersi avvalere, per tutta la durata dell'emergenza sanitaria, di soggetti chiamati ad espletare, gratuitamente, prestazioni di volontariato». Ma i volontari «non saranno» incaricati di pubblico servizio «e la loro attività non avrà nulla a che vedere con le attività a cui sono tradizionalmente preposte le forze di polizia».

Forte contrarietà all'idea di Boccia è emersa anche nelle forze di governo. Matteo Renzi da Italia Viva parla di «follia», mentre dal Pd parole analoghe arrivano da Matteo Orfini. «Siamo perplessi, ma troveremo una soluzione», dice il capo politico M5S Vito Crimi, e Catalfo si dice «perplessa». Giorgia Meloni dall'opposizione denuncia una «deriva autoritaria» del governo. Da Forza Italia Anna Maria Bernini parla di «guardie rosse» come nei Paesi comunisti. «Nessuna vigilanza, ronda o sentinelle anti spritz», ribattono fonti vicine a Boccia.

Venerdì sera in piazzale Arnaldo - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
Venerdì sera in piazzale Arnaldo - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it

La polemica sugli assistenti civici va di pari passo con l'altro tema che ha tenuto banco negli ultimi giorni: le immagini delle zone della movida piene di ragazzi. «Non vorrei - dice Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni e dell'Emilia Romagna - che per colpa di qualche irresponsabile ci tocchi chiudere ciò che abbiamo riaperto». I dati del Viminale dicono che tutte queste violazioni al divieto di assembramento però non ci sono state, visto che anche nel fine settimana la percentuale di «indisciplinati» si è fermata allo 0,55% del totale, corrispondente a 1.321 denunce su quasi 239mila cittadini controllati. Nonostante questo, Regioni e Comuni continuano a muoversi in ordine sparso, varando provvedimenti di aperture e chiusure uno diverso dall'altro.

Così, all'ordinanza del governatore della Campania Vincenzo De Luca che ferma i locali alle 23 ha risposto il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, annunciando che firmerà a breve i provvedimenti per aprire tutti gli spazi della città «possibilmente anche di sera e di notte». L'opposto del sindaco di Milano Giuseppe Sala, che ha vietato la vendita delle bevande da asporto dalle 19. Un provvedimento che nelle intenzioni del sindaco ha l'obiettivo di punire «il consumo di alcolici in piedi se non sarà in un luogo dedicato» ma che di fatto non chiude i locali né la vendita delle bevande nei supermercati. A Roma invece la sindaca Virginia Raggi apre un nuovo fronte: multe fino a 500 euro per chi abbandona mascherine e guanti. 

C'è poi la questione del 3 giugno, il vero nodo su cui esiste un confronto acceso da giorni sia tra governo e regioni sia all'interno dello stesso esecutivo. I dati fondamentali per stabilire se potranno essere autorizzati o meno gli spostamenti tra le Regioni arriveranno il 29 maggio, ma non sarà quello il giorno della decisione. Gli esperti si prenderanno infatti almeno altre 24-36 ore per vedere l'andamento della curva e solo allora si riunirà il governo: è probabile dunque che la decisione arrivi tra l'1 e il 2 giugno. Ma a stabilire le riaperture non saranno però solo i numeri: «c'è una questione di opportunità politica che dovrà essere valutata», dicono fonti di governo ricordando che ad oggi la Lombardia continua ad avere il 50% dei nuovi contagi e 25mila attualmente positivi su un totale di 55mila in tutta Italia. Numeri pesanti che, senza dirlo esplicitamente, molti governatori temono nel caso in cui si riaprisse tutto. Dunque non è affatto escluso che, alla fine, si possa seguire la linea dei due binari: uno per la Lombardia e uno per il resto d'Italia. «La curva continua a piegarsi dal lato giusto, ma serve cautela» ripete il ministro della Salute Roberto Speranza.  

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