L'Italia pensa alla stretta sul green pass (sul modello francese)
L'Italia tentata dal green pass alla francese. Dopo Macron - che ha annunciato l'obbligo del certificato verde per accedere a ristoranti e trasporti incassando in poche ore un milione di prenotazioni sui vaccini - parte il pressing da parte di alcune Regioni, categorie e forze politiche.
In tanti in queste ore stanno dando seguito al parere del Commissario per l'Emergenza, Francesco Figliuolo, per il quale il sistema del green pass potrebbe dare una spinta agli indecisi del vaccino, anche se andrebbe comunque fornita l'alternativa del tampone per rispettare gli equilibri costituzionali.
Vicini a questa linea sono diversi parlamentari del Pd e alcuni governatori, mentre la leader dell'opposizione, Giorgia Meloni, parla di «follia anticostituzionale» e di «idea raggelante». È la stessa posizione di Salvini, che commenta: «non scherziamo». Anche le categorie sono divise: Fipe-Confcommercio paventa pesanti penalizzazioni per i ristoratori ma per Federalberghi sarebbe un provvedimento «sacrosanto».
Gli argomenti si intrecciano con una valutazione complessiva che il Governo farà su altre misure in scadenza, come lo stato di emergenza che terminerebbe a fine luglio ma potrebbe subire una proroga. Nonostante il dibattito e varie ipotesi, non si attendono decisioni nelle prossime ore, ma verranno fatte valutazioni a giorni - non si può escludere un incontro con il Cts nelle prossime ore - ed è difficile che una decisione possa essere presa prima del prossimo monitoraggio di venerdì, alla luce dei dati su vaccini e contagi. Che potrebbe riservare sorprese. «Già fra 4 o 5 giorni, se osserveremo dei picchi nelle città dove ci sono stati comportamenti a rischio, vedremo se con i festeggiamenti per la vittoria agli Europei abbiamo rischiato troppo», spiega Sergio Abrignani, membro del Cts, mentre in Sardegna la variante Delta fa segnare una preoccupante diffusione soprattutto tra i giovani.
Sul tema del pass restano di sicuro una serie di nodi da sciogliere, come quello della costituzionalità, appunto, oltre ai problemi di privacy che ne scaturirebbero e che poi andrebbero presi in esame dal Garante. Ma con il dibattito già in corso sull'eventuale aggiornamento dei parametri per l'assegnazione dei colori alle regioni, che con la crescita di contagio rischiano di finire in giallo, a spingere sul provvedimento però è la necessità di raggiungere al più presto l'immunità di gregge e convincere gli indecisi del vaccino.
Un'altra questione aperta è quella dell'allineamento all'Europa sul certificato, che nel nostro Paese si riceve due settimane dopo la prima vaccinazione ma in Ue è valido solo dopo la seconda dose. In Italia attualmente il green pass è obbligatorio per accedere ad eventi sportivi e culturali, oltre a banchetti e cerimonie ma - se ci si dovesse allineare alle misure previste in Francia - potrebbe essere necessario anche per entrare in luoghi che accolgono più di 50 persone, per accedere a bar, ristoranti, centri commerciali e mezzi di trasporto sulle lunghe distanze.
Tra i primi ad essere favorevoli a queste ultime ipotesi c'è il governatore della Liguria, Giovanni Toti, e l'assessore alla Salute del Lazio, Antonio D'Amato, per il quale «sarebbe utile che il Governo decidesse in che maniera vada utilizzato il certificato verde, possibilmente con la vaccinazione completa, prima di adottare misure restrittive»: entrambi chiedono un'inversione sui parametri, facendo pesare l'Rt ospedaliero a scapito dell'incidenza, visto il calo della pressione sulle strutture sanitarie. Il presidente campano, Vincenzo De Luca, invece precisa: «Il green pass l'abbiamo fatto quattro mesi fa. La nostra carta di vaccinazione la rilasciamo dopo la seconda dose». Più tiepido il governatore lombardo, Attilio Fontana, convinto che questo tipo di provvedimento «oltre a non essere possibile in Italia per privacy, in Lombardia non è necessario».
Le posizioni sono diverse anche tra i parlamentari. Se alcuni esponenti del Pd chiedono di «estendere il green pass a tutti i luoghi di socialità», per i deputati M5s in Commissione Affari sociali l'ipotesi è «prematura e pone interrogativi per coloro che devono forzatamente ricorrere al tampone». Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, si dice invece «per l'obbligo vaccinale al personale sanitario e scolastico».
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