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L'indice di contagiosità Rt e i conti che non tornano. O quasi.

Differenti modalità di calcolo danno risultati di parecchio differenti. Ma sono entrambe corrette. Ecco perché
Coronavirus - © www.giornaledibrescia.it
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Solo chi ha i sintomi o anche gli asintomatici? Non c'è un unico modo, nè un sistema migliore degli altri per calcolare l'indice di contagiosità Rt, che indica il numero di individui che possono essere contagiati da chi ha un'infezione. È esattamente quello che accade anche nel caso del nuovo coronavirus, con il valore indicato dall'Istituto Superiore di Sanità (Iss) diverso da quello calcolato dal gruppo CovidStat dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn): 1,18 il primo e quasi 3 il secondo.

«Entrambi i calcoli sono validi e la differenza nei risultati si deve al fatto che gli algoritmi utilizzati sono diversi», osserva il fisico Francesco Luchetta, uno dei curatori della pagina Facebook «Coronavirus-Dati e analisi scientifiche».

Il dato dell'Iss, prosegue, «ci dice quanto variano gli individui con i sintomi e indica che non stanno variando in modo importante, probabilmente perché il contagio si sta spostando verso fasce di età più basse. È un dato molto pulito, probabilmente il più pulito possibile, ma riguarda soltanto i sintomatici».

Il dato dell'Infn, dice ancora Luchetta, comprende sintomatici, asintomatici e guariti e «ci dice invece che sta aumentando il numero totale dei casi, ma è un dato meno pulito». Entrambi sono calcolati in modo corretto e mettono in luce aspetti diversi: «L'importante - rileva - è sapere quali sono le differenze».

Lo stesso Iss rileva sul suo sito che nel calcolo dell'indice Rt non sono compresi gli asintomatici in quanto il loro numero «non dipende dalla trasmissibilità del virus, ma dal numero di analisi effettuate». Dipende cioè dal numero dei tamponi eseguiti e fino a poche settimane fa i tamponi venivano fatti a chi aveva sintomi compatibili con l'infezione da Sars-Cov-2. Grazie a questa scelta, il calcolo dell'Iss ottiene «più puliti, ma con la consapevolezza di avere una sottostima», osserva Luchetti.

«Non c'è una formula più giusta di un'altra» anche per il fisico Giorgio Sestili, fondatore e fra i curatori della pagina Facebook che da marzo sta analizzando i dati della pandemia di Covid. «Il calcolo dell'Infn utilizza una formula più classica, considerando la totalità dei casi e dei guariti, ma genera una sovrastima perché il dato dei guariti è molto sporco, con percentuali che variano da regione a regione; calcolando i soli sintomatici l'Iss elimina il rischio di una sovrastima, ma ottiene una sottostima».

Voler utilizzare un algoritmo piuttosto di un altro è una questione di scelte e c'è chi, per amore di chiarezza, ha adottato entrambi i metodi di calcolo, come ha fatto l'istituto superiore di sanità tedesco Robert Koch, che nel suo rapporto epidemiologico settimanale riporta entrambi i valori. «Ben venga - conclude Sestili - che più enti e istituti di ricerca promuovano analisi che propongono punti di vista diversi. L'importante è avere la consapevolezza che ognuna presenti i suoi risultati in modo accurato».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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