L'espulsione di Paragone divide i Cinque Stelle
Gianluigi Paragone, espulso dal «nulla» che secondo lui è diventato il Movimento 5 Stelle, è pronto a dare battaglia, pure in tribunale. «Farò ricorso e se mi gira, mi rivolgerò anche alla giustizia ordinaria per far capire l'arbitrarietà delle regole», annuncia il senatore in un video accorato e urlato su Facebook a meno di 24 ore dalla decisione dei probiviri.
Il Movimento torna a dividersi, in particolare, dopo l'endorsement di Alessandro Di Battista che non solo difende Paragone ma lo incorona «infinitamente più grillino di tanti altri». Così si legge in un commento di Dibba apparso sul profilo Facebook di una militante 5S. Per il senatore espulso si schiera anche l'altra dissidente ed ex ministra Barbara Lezzi, che apprezza l'autonomia di pensiero del «collega» e attacca il Movimento che «espelle gli anticorpi». E poco dopo il suo post viene condiviso dal senatore Mario Giarrusso.
Nella frattura che attraversa i grillini non mancano le posizioni contro Paragone, che all'ex conduttore tv non perdonano soprattutto il giudizio tranchant sul «nulla» che sarebbe diventato il sogno di Casaleggio e Grillo. Lo stesso capo politico sceglie di rispondergli, anche se solo indirettamente: «In appena 20 mesi abbiamo già approvato 40 provvedimenti. Niente male per un Movimento per la prima volta al Governo, no?», ricorda Luigi Di Maio sui social.
Di fatto, con l'ultima cacciata sono 17 i parlamentari che il M5s ha perso per strada dall'inizio della legislatura, ossia dal 23 marzo 2018. Tra loro, 11 gli espulsi mentre tre senatori sono passati di botto alla Lega (Francesco Urraro, Stefano Lucidi e Ugo Grassi), oltre al recentissimo addio di Lorenzo Fioramonti dal ministero dell'Istruzione.
Su Paragone nessuna sorpresa: l'ex direttore della Padania non ha mai digerito l'alleanza con il Pd e mai l'ha nascosto. A parole, con toni sempre più accesi, e nei fatti con il voto. Da sempre contrario allo scudo penale ad Arcelor Mittal sull'ex Ilva, a dicembre ha votato no alla risoluzione di maggioranza sul fondo salva Stati («È una risoluzione ridicola») fino al colpo di grazia del niet alla manovra. Lui si difende appellandosi alla forza rivoluzionaria del Movimento che rischia di sparire: «Possiamo litigare con qualche collega, ma il grosso, fuori nel Paese crede che ci sia ancora bisogno di una forza che dica che ci sono delle ingiustizie. Questa era la forza dei Cinque Stelle». Quindi passa al contrattacco con chi l'ha cacciato: «Voi probiviri del nulla assoluto, andatevene voi, perché io vi verrò a cercare nelle aule di giustizia e sarete condannati a dirmi "Scusa, rientra"». Intanto incassa il sostegno di Di Battista: «Non c'è mai stata una volta che non fossi d'accordo con lui - scrive l'ex deputato -. Vi esorto a leggere quel che dice e a trovare differenze con quel che dicevo io nell'ultima campagna elettorale che ho fatto».
Paragone ovviamente ringrazia e amplifica l'asse con Dibba: «Ale rappresenta quell'idea di azione e di intransigenza che mi hanno portato a conoscere il Movimento: stop allo strapotere finanziario, stop con l'Europa di Bruxelles», perché, aggiunge: «Io quel programma lo difendo perché con quel programma sono stato eletto». Parole che non lo salvano dalle frecciate dei più ortodossi: dal presidente della commissione Antimafia Nicola Morra che gli ribatte: «Se ci definisci il "nulla", perché rimanevi nel "nulla" prima di essere espulso?» al sarcasmo di Paola Taverna che su Facebook gli chiede: «Ehi Gianluigi, a quando il nuovo libro con tutte le rivelazioni?». Toni duri anche dal vicepresidente del Parlamento Ue Fabio Castaldo: «Criticare le scelte operate a livello nazionale è un conto ma dare del "nulla" a chi ha lottato, a chi si è sacrificato per un sogno è per me inaccettabile. Se questo è quello che intendeva, dovrebbe scusarsi». Luigi Gallo, altro 5s tra i più fedeli e presidente della commissione Cultura della Camera, rilancia così: «Sarebbe bello interrogarsi su quello che ha fatto in 2 anni da parlamentare: il nulla cosmico».
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