L'assistente all'europarlamento? È la mamma, costa 126mila euro
La bufera sui rimborsi del Parlamento europeo utilizzati in maniera impropria, che nei mesi scorsi ha visto coinvolti in prima battuta la candidata francese del Front National Marine Le Pen e l'Ukip euroscettico di Nigel Farage, ora tocca anche un drappello di eurodeputati italiani, anche se con profili nettamente diversi rispetto alle vicende d'Oltralpe.
Si tratta di una manciata di casi, tutti senza rilievo penale, messi in luce dal quotidiano La Repubblica. Riguardano, con valenze diverse, parlamentari di varie forze politiche, da Forza Italia a ex Pd, dalla Lega al M5s. Vicende, quelle che coinvolgono due parlamentari 5 stelle, che fanno gridare allo scandalo gli esponenti del Partito democratico Alessia Rotta e Emanuele Fiano, che accusano il Movimento di «doppia morale» e «sperpero dei soldi pubblici».
Dall'organizzazione dell'Eurocamera non arrivano commenti ufficiali. A trapelare è solo la sorpresa all'interno del gruppo Ppe per la vicenda dell'eurodeputata di Forza Italia Lara Comi. Nella scorsa legislatura, tra il 2009 e il 2010, la parlamentare ha assunto la madre come assistente. Convinta - si difende - che la cosa fosse consentita dal regolamento.
«Un errore del commercialista», dice, spiegando che ora sta «restituendo fino all'ultimo centesimo la somma contestata»: 126mila euro.
Caso diverso quello dell'ex Pd e oggi Mdp Antonio Panzeri. A lui il Parlamento ha chiesto nel 2016 una somma di 83mila euro. Una contestazione riferita alla legislatura 2004-2009 e legata ai finanziamenti ricevuti dalla sua associazione Milano Più Europa. All'epoca, sostiene Panzeri, la funzione di assistenza al parlamentare poteva essere affidata anche ad associazioni. Poi il Parlamento ha cambiato le regole applicandole «retroattivamente». «Una palese violazione dei principi di diritto», afferma l'eurodeputato.
Nel mirino delle verifiche, anche se in questo caso non c'è alcuna ingiunzione, anche la pentastellata Daniela Aiuto. I servizi parlamentari le contestano alcune ricerche commissionate a una società di consulenza, plagiate da siti come Wikipedia e quindi non rimborsabili. Una vicenda in cui la parlamentare si dice «parte lesa». Verifiche in corso anche sull'attività di un collaboratore di Laura Agea (M5s). L'assistente svolgerebbe anche l'attività di imprenditore, suscitando dubbi nell'amministrazione del parlamento sulla conciliabilità dei due ruoli.
Un caso analogo a quello di Massimiliano Bastoni, assistente del leghista Mario Borghezio tra 2009 e 2014 e allo stesso tempo consigliere comunale a Milano. Prescritto infine il caso di Riccardo Nencini, relativo a rimborsi spese ottenuti negli anni '90, quando era eurodeputato.
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