Lascialfari, Donina e Volpi: i bresciani votati per il Colle
Sono ben tre i bresciani che ieri sono stati votati per il Quirinale, certo nessuno con ambizioni ma qualche sorpresa c’è stata indubbiamente. Il nominativo più inaspettato è quello di Imma Lascialfari, volto notissimo dell’ambientalismo bresciano e esponente dell’associazione Ambiente Futuro Lombardia. Per lei un voto alla seconda chiama solo per la gloria visto che negli annali la preferenza unica viene inserita nella categoria «voti dispersi».
Non sarà così invece per il leghista Raffaele Volpi, in questa legislatura già sottosegretario alla Difesa nel governo gialloverde e presidente del Copasir fino al maggio 2021: lui ha ottenuto tre preferenze. Ma fa notizia anche l’altro leghista Giuseppe Donina: mai avrebbe pensato che «un ragazzo cresciuto in una frazione di cinquecento anime» incastonata sulle montagne sarebbe stato tra gli elettori del presidente della Repubblica.
Per ben due giorni di seguito: sia ieri sia lunedì ha ricevuto un voto. «All’inizio pensavo fosse uno scherzo - ride Donina -, credevo fossero stati i miei colleghi per prendermi in giro, invece ho chiesto e nessuno sapeva niente. Mi ha fatto piacere che una persona, pur senza nessuna rilevanza ai fini elettorali, abbia pensato a me».
Allo stupore divertito si affianca la soddisfazione per la giornata appena trascorsa: «Finalmente una riunione della Lega come si deve - dice riferendosi all’assemblea di ieri del Carroccio -, c’erano tutti i nostri leader con una linea condivisa". Quella di insistere su un nome del centro destra, proponendone tre: "Come ci ha spiegato Matteo (Salvini, ndr), dato che stavolta abbiamo ben 450 voti, un nome che parta da noi è più che legittimo e non retrocederemo».
Anche se… «Può essere che la vera scelta non sia ancora in questa rosa ma emerga dalla quarta votazione, magari con una figura ancora più autorevole». Accenni sibillini a cui si contrappone la chiarezza del no a Mario Draghi come presidente della repubblica: «Draghi deve finire il suo mandato e completare il percorso del Pnrr, è l’unico in grado di tenere in piedi un governo di unità nazionale: andare alle urne adesso sarebbe una pazzia». Ma meglio un anno da premier o sette da capo dello Stato? «Per lui vedo un futuro in Europa, per esempio al posto di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea».
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