L'arresto di Marco Carta: «Sospetti inconsistenti»
Quello di Marco Carta, il cantante vincitore di Amici e Sanremo 2009, bloccato il 31 maggio per un furto di magliette alla Rinascente di piazza Duomo a Milano, fu un arresto che «non può ritenersi legittimo», basato su «elementi di sospetto» del tutto «eterei, inconsistenti», come il racconto dell'addetto alla sicurezza del grande magazzino che in realtà non ha mai visto i vestiti che finivano nella borsa dell'amica del cantante, né sentito la «rottura delle placche antitaccheggio». Lo scrive il giudice di Milano Stefano Caramellino nell'ordinanza, il cui testo è emerso solo oggi, con cui lo scorso 1 giugno non ha convalidato l'arresto della Polizia locale disposto a carico di Carta, difeso dal legale Simone Ciro Giordano (il pm Nicola Rossato chiese la convalida), convalidando, invece, quello dell'amica che era con lui, un'infermiera sarda di 53 anni. Per entrambi, comunque, il processo per furto inizierà il prossimo 20 settembre.
Il magistrato, spiegando che la «versione degli imputati non è allo stato scalfita da alcun elemento probatorio contrario» e che gli «operanti che hanno provveduto all'arresto non hanno visto alcunché dell'azione asseritamente furtiva», parla di «carenza di gravità indiziaria» nei confronti del cantante. Il furto, secondo il giudice, sarebbe stato commesso dall'amica e lui era «semplicemente in sua compagnia».
Per il giudice «l'unico teste oculare», ossia il vigilante, «ha descritto un comportamento anteriore» di Carta e dell'amica «che ha giudicato sospetto», ma «è normale che due acquirenti si guardino spesso attorno all'interno di un esercizio commerciale» e l'ipotesi che «essi stessero controllando se erano seguiti» dai dipendenti «è formulata in modo del tutto ipotetico e vago». In più, anche il fatto che si siano recati in un piano diverso per provare le magliette «è compatibile con il proposito di trovare un camerino di prova libero», dato che «grande era l'affollamento» quella sera. Per il giudice, inoltre, «il fatto che lo sguardo dell'addetto alla vigilanza non sia stato fisso sui due arrestati è riscontrato dal fatto che neanche lui ha affermato di avere visto l'inserimento degli abiti nella borsa», né ha «precisato in mano a chi fosse la borsa dopo che era stata appoggiata nel camerino», né ha affermato «di aver sentito alcun rumore compatibile con la rottura delle placche antitaccheggio».
Carta, conclude il giudice, non aveva «all'uscita» della Rinascente «la borsa contenente i vestiti sottratti». Ce l'aveva, invece, la sua amica, assieme col cacciavite. Nessuna «circostanza descritta nel verbale d'arresto» costituisce «sufficiente sintomo» del concorso del cantante nel furto. Il contenuto dell'ordinanza, spiega l'avvocato Giordano, pone fine «al 'giudizio parallelò di fatto celebrato dai media e nella rete, con tutto il corredo di storture che immancabilmente lo caratterizzano rispetto all'accertamento processuale».
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