La sfida tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi arriva in Parlamento
La sfida tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi arriva in Parlamento. Il premier dopo essere salito al Colle annuncia di essere pronto a quel «chiarimento» di fronte alle aule di Camera e Senato chiesto più volte dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e invocato ora anche dai partiti.
I tempi, che il presidente del Consiglio avrebbe voluto inizialmente più lunghi, si accorciano: lunedì si andrà alla conta dopo lo strappo del leader di Iv e le dimissioni delle due ministre. Deputati e senatori voteranno sulle comunicazioni del premier ed è in questa occasione che usciranno allo scoperto i responsabili.
Si tratterà a tutti gli effetti di un voto di fiducia su un nuovo programma, come emerge chiaramente dalla conferenza dei capigruppo di Montecitorio e dunque l'occasione per verificare l'esistenza di una nuova maggioranza. Vinto questo primo round, poi Conte dovrà mettere mano alla squadra di governo scegliendo a chi affidare almeno il ministero dell'Agricoltura. La scelta di prenderne l'interim, messa agli atti ieri durante l'incontro con il Capo dello Stato, non può che essere temporanea. Ragionamento diverso quello legato al ministero della Famiglia, che nei fatti è una delega e dunque non è necessario rimpiazzare velocemente. Idem per il posto da sottosegretario agli Esteri, rimasto libero dopo le dimissioni di Ivan Scalfarotto. La prima giornata della crisi parte nel segno dell'incertezza: il Pd, ragionano i Dem, non può andare dietro ai rumor di eventuali sostegni alla maggioranza se non si appalesano.
Il Nazareno vede dunque il rischio di elezioni a giugno avvicinarsi. Su un punto però Zingaretti è netto e lo dice durante l'ufficio politico del partito convocato a ora di pranzo: Renzi è inaffidabile, ora e anche in futuro, «in qualsiasi scenario», la porta del dialogo conv è chiusa. Tanto più che la crisi è già costata «7,6 milioni», accusa il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri. Altrettanto netta l'indisponibilità a ogni tipo di «collaborazione con la destra». Parole simili anche da Luigi Di Maio («da Renzi gesto irresponsabile, le nostre strade sono ora divise») ma il ministro degli Esteri per primo fa un appello ai «costruttori» che ambiscono a «riscattare» l'Italia.
A Palazzo Madama, dove i numeri hanno sempre corso sul filo, si continuano a fare i conti: servono almeno 11 senatori. Ma non solo. Non bastano singoli che si uniscano alla maggioranza senza la garanzia di condividere un progetto almeno di medio termine. Occorre dare vita a delle formazioni vere e proprie. Passano le ore e qualcosa si muove: il capodelegazione Dem Dario Franceschini sdogana la caccia ai responsabili aggiungendo che l'importante è «farla alla luce del sole».
Le maggioranze «in un sistema non più bipolare si cercano e si costruiscono - spiega - in Parlamento». I nuovi responsabili potrebbero aggregarsi intorno al Maie, il Movimento per gli italiani all'estero che già è nel campo della maggioranza, e intorno ai socialisti. «Chi ha maggiori responsabilità - dichiarano in una nota il segretario del Psi Enzo Maraio e il senatore Riccardo Nencini - è chiamato ad esercitarle fuoriuscendo dalla logica dei duellanti. Noi siamo tra i costruttori».
E proprio Nencini è colui che ha consentito a Italia Viva di costituirsi come gruppo autonomo in Senato: per i regolamenti infatti occorre avere a disposizione un simbolo depositato alle elezioni precedenti. E dunque Iv potrebbe ora essere sfrattata dal Psi ed essere costretta a trovare riparo al Misto. Intanto, il governo Conte II va avanti con la sua agenda: il terzo Consiglio dei ministri della settimana è chiamato ad approvare la relazione sullo scostamento di bilancio e che la prossima settimana dovrebbe incassare il via libera delle Camere. Passaggio necessario per mettere in campo il nuovo decreto legge Ristori: circa 30 miliardi per dare ossigeno a imprese e famiglie strozzate dalla pandemia.
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