La perizia sul ponte Morandi: «Controlli mancanti e inadeguati»
«Controlli mancanti» e «inadeguati», «nessun intervento per arrestare il degrado» e «la riparazione dei difetti», ma anche «carenze progettuali e difetti costruttivi in fase di realizzazione». Sono queste le cause che hanno determinato il collasso del ponte Morandi, il viadotto autostradale crollato il 14 agosto 2018 causando la morte di 43 persone.
Lo mettono nero su bianco i periti del giudice per le indagini preliminari Angela Nutini: la relazione verrà discussa da gennaio nelle udienze del secondo incidente probatorio. A concorrere nel disastro, secondo i tecnici, anche i difetti di progettazione e di esecuzione dell'opera come lo stesso ingegnere Morandi aveva detto già pochi anni dopo l'inaugurazione. «Allarmi rimasti inascoltati negli anni», scrivono i super esperti.
Nell'inchiesta sono indagate 71 persone tra ex manager di Autostrade e tecnici di Spea, la società che si occupava della manutenzione, ma anche dirigenti del Mit e del Provveditorato per le opere pubbliche. Le accuse sono di falso, crollo doloso, disastro colposo, omicidio colposo plurimo e attentato alla sicurezza dei trasporti. Di sicuro non ci fu nessun fattore esterno a determinare il crollo, come la bobina caduta dal tir. Il crollo è stato determinato dal cedimento dei tiranti della pila 9, quella collassata.
Scrivono i periti: «Controlli e manutenzioni che se fossero stati eseguiti correttamente, con elevata probabilità avrebbero impedito il verificarsi dell'evento». E ancora: «La mancanza e/o l'inadeguatezza dei controlli e delle conseguenti azioni correttive costituiscono gli anelli deboli del sistema; se essi, laddove mancanti, fossero stati eseguiti e, laddove eseguiti, lo fossero stati correttamente, avrebbero interrotto la catena causale e l'evento non si sarebbe verificato». Di certo, il retrofitting (l'opera di rinforzo delle pile 9 e 10 che avrebbe dovuto iniziare proprio nel 2018) avrebbe evitato il crollo. Una circostanza avvalorata ancora di più dal fatto che «il crollo non si è propagato alle pile dove i lavori di rinforzo vennero eseguiti».
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